A cinque anni dal successo di "Only ghosts", ecco il nuovo album di uno dei nomi di punta del panorama stoner-metal: i
Red Fang.
Un lavoro che spiazza chi si attendeva una replica dell'impostazione moderatamente catchy ed immediata del disco precedente. Il quartetto di Portland non ama la banalità e le cose scontate, così riprende le tematiche irsute e truci del periodo "Murder the mountains" attualizzandole con sfumature sonore variegate, che rendono quest'opera una continua scorribanda tra interpretazioni differenti dell'heavy rock. Un sound rude e compatto, dall'atmosfera tagliente accentuata da una produzione pastosa e tendenzialmente lo-fi vecchia maniera.
Il basso greve e sinistro che introduce l'iniziale "
Take it back" mette subito in chiaro che la band dell'Oregon ha voglia di mostrare i muscoli ed il proprio lato cattivo, come si evince dalla successiva "
Unreal estate" che introduce echi dei primi Mastodon, i quali compariranno spesso nel lavoro. Un brano molto heavy, melmoso, dove anche gli inserti melodici veicolano sensazioni sinistre. Uno stoner-metal che piacerebbe ai Down, bello pesante e trasversale con pennellate doomy molto accentuate.
La title-track riprende invece le tematiche più care ai
Red Fang, un mid-tempo robusto e carico ma con retrogusto orecchiabile. C'è qualcosa dei QotSA, una componente sarcastica e trasversale che trova spazio anche nel video-clip che gira in rete, dai contenuti un pò stravaganti.
Altri episodi puntano su una sferzante venatura hardcore-punk (tipo Mondo Generator), vedi "
My disaster" e "
Rabbits in hives", roba svelta, bruciante e dalla solidità granitica e rauca. In contrasto ci sono temi con elementi melodici maggiormente accentuati ("
Fonzi scheme","
Why"), però sempre coniugati alla maniera post-rock con taglio bellicoso, insieme a classici stoner-groove massicci e trascinanti come le bombastiche "
Two high" e "
Funeral coach", delle vere scariche brutali di energia heavy.
Maggiormente psichedelica la torbida "
Anodyne", che esplora la componente hard-psych con la densità del magma bollente. Una sorta di Hawkwind metallici e in coma etilico.
Chi ama le tempistiche e l'oscurità doom amerà un pezzo come "
Days collide", cinque minuti immersi in una tensione cupa e disperata interrotti da un break post-rock fumigante. Ottima canzone, possente e funerea, che conferma la varietà di soluzioni superiore alla media presente in questo lavoro.
Disco buono, corposo, vario nell'impostazione, forse un tantino penalizzato dalla produzione low-level. Anche disco di transizione, perchè i
Red Fang sembrano voler riassumere quanto fatto finora introducendo nuovi elementi non ancora pienamente sviluppati. Vedremo in futuro quale direzione prenderà la band americana, che comunque mantiene alto il proprio livello di qualità e ci riserva sempre una certa sorpresa. Non è cosa da poco.
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