Il Nephila Komaci è un ragno della famiglia Araneidae, rinvenuto in Sudafrica e Madagascar. Le femmine di questa specie sono considerate tra le più grandi tessitrici, con ragnatele che si estendono per metri di diametro. Ma Nephila è anche una nuova rock band svedese, che schiera due voci femminili e cinque strumentisti mascherati (sul genere Ghost).
Hard rock seventies, con l'organo vintage a puntellare i brani molto bluesy e con parti vocali che evocano una antica psichedelia pop/soul. Chi ha subito pensato ai Blues Pills ha fatto bene, perchè siamo esattamente in quella direzione stilistica. Ci aggiungerei i The Neptune Power Federation ed i Blood Ceremony.
Un sound raffinato e arioso, che punta gran parte del suo fascino sui duetti e le armonie vocali di
Stina Olsson e
Josephine Asker, memori dei Jefferson Airplane e del "flower-power" settantiano. I nove minuti di "
Alla galaxers centrum" rendono bene il senso musicale di questa formazione: una lunga suite onirica in crescendo, tra Led Zeppelin e psichedelia soffice dai colori pastello, con la parte vocale che inizialmente avvolge l'ascoltatore in una morbida e delicata nuvola per poi impennarsi verso un finale ruggente segnato dai solismi chitarristici. Tutto nel segno di una eleganza scorrevole e piacevolmente fresca.
Non di meno il resto del disco, dalla bella copertina Baroness-iana, a partire dal soul-groove della accattivante "
White bones", la marcia prog-rock in odor di Genesis di "
Who are you" (pezzo easy-listening con ambizioni radio-oriented) o la tenue ed orecchiabile "
Mushroom creatures" dai toni vagamente dark notturni.
Ancora pennellate progressive nella dolce cantilena "
Belladonna" (echi dei Marillion) dove il contributo vocale eleva un tema tutto sommato elementare, mentre "
Guidance to agony" sembra una versione più morbida degli Spiritual Beggars o dei The Vintage Caravan. Forse i
Nephila eccedono un pò con i passaggi delicati e sognanti, ma è chiaro che gli scandinavi hanno costruito tutto il loro impianto sonoro intorno alla performance della coppia di cantanti, che risulta positivamente rilevante ed encomiabile.
Infine, la solida "
Clavata" è l'episodio maggiormente hard-blues, con qualche richiamo ai Deep Purple ed alla moderna ondata di retro-hard. Buon tiro e sufficiente energia.
Rimane da dire che se la parte strumentale è meno appariscente rispetto a quella vocale, non è affato banale o approssimativa. Il contributo delle tastiere risulta decisivo per imprimere la colorazione vintage e la piacevole atmosfera psycho-pop, le chitarre splendono soprattutto negli assoli pungenti e la sezione ritmica accompagna il tutto con l'indole progressiva che ho sottolineato ampiamente.
Una band interessante, brillante, fresca. La consiglio a chi ama le ottime voci femminili, inserite in un contesto che ricorda le grandi bands anni 70.
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