Quant’è difficile e rischioso tentare di “svecchiare” una tradizione musicale, evitando al contempo di snaturarne i principi fondamentali?
Moltissimo, direi, e quei pochi che non hanno fallito nella valorosa impresa non sempre hanno poi ottenuto il giusto riconoscimento, lasciando intendere che verosimilmente è più redditizio affidarsi a soluzioni sonore assolutamente rigorose per conquistare i favori del pubblico.
E’ proprio quello che mi sembra sia accaduto ai
Vega, un po’ “incompresi” nonostante siano ormai da parecchi anni propugnatori di un
hard melodico fresco e piuttosto eclettico, rispettoso dei dogmi di una scuola artistica immarcescibile e tuttavia difficilmente catalogabile come “nostalgico”.
“
Anarchy and unity” è l’ennesima (la settima) dimostrazione che gli inglesi meritano in realtà ancora una volta un ruolo da protagonisti nella scena contemporanea, salvaguardando il concentrato di melodia, grinta e
verve che fin dall’esordio è la loro ragione di vita artistica.
Con gli ingressi di
Billy Taylor (ex Inglorious) alla chitarra e
Pete Newdeck (Midnite City, Nitrate, In Faith, Khymera, …) alla batteria, il gruppo britannico consolida ulteriormente l’approccio muscolare delle ultime prove discografiche, modellando dodici canzoni alquanto appassionanti e variegate, in cui trovano precisa collocazione ammiccamenti
pop e un adeguato contributo di sagace creatività.
Sebbene forse complessivamente appena meno brillante sotto il profilo compositivo dei suoi predecessori, l’albo esordisce con “
Beautiful lie” (una sorta di fusione tra Def Leppard ed
ehm, …
Michael Jackson …) e “
Sooner or later” ostentando un’apprezzabile dose di esuberanza e di ritornelli adescanti, mentre “
End of the fade”, impreziosita da un bellissimo crescendo emotivo, aggiunge alle suggestioni d’ascolto addirittura qualcosa di
Chris Isaak e talune atmosfere care ai Queensryche.
Grazie all’impatto vagamente malinconico di “
Ain't who I am”, i
Vega sfornano un
hit degno delle programmazioni radiofoniche
mainstream (quelle che hanno accolto a braccia aperte i The Rasmus, per esempio …) e se la vaporosa “
Welcome to wherever” punta con appena un pizzico di minore convinzione allo stesso bacino d’utenza, tocca a “
Bring the riot” esporre al meglio l’ardore e il vigore di una
band che possiede parecchie frecce diverse nella faretra del suo arco espressivo.
La
power-ballad “
Live for me” (incendiata da un fulminante
guitar-solo) consente di spendere un plauso speciale per le notevoli capacità interpretative di
Nick Workman, perfetto, poi, nel pilotare con sicurezza sia l’irresistibile respiro melodico
ottantiano di “
Kneel to you” e sia l’
anthem “
Glow”, un altro frammento sonoro d’istantanea presa emozionale.
Dopo il gradevole
divertissement jazzato “
C'mon”, ancora due eccellenti esempi delle scoppiettanti capacità dei britannici … la coinvolgente ”
Had enough”, e, soprattutto, “
2Die4”, in cui l’estroso lavoro sui chiaroscuri sonici traccia un momento assai importante nell’economia del disco.
“
Anarchy and unity” rappresenta dunque un tassello di pregio da aggiungere all’impeccabile discografia dei
Vega, una formazione che merita, lo ribadisco, una piena e ampia considerazione.