Altra succosa novità per tutti gli amanti del Thrash vecchia scuola, offerta stavolta dai tedeschi
Tormentor, con il loro nuovo EP
"Crown Of Shame". Già all'attivo sulle scene da una quindicina di anni, la band ha all'attivo solo due album, il debut
"Violent World" del 2012, e
"Morbid Realization" del 2017. Un lasso temporale non da poco quindi fra un'uscita e l'altra, fattore che se da una parte può far scendere molto velocemente il calo di interesse di chi ascolta, soprattutto in un marasma di uscite discografiche a non finire di questi ultimi anni, dall'altro può certamente offrire canzoni sulle quali si può avere maggior tempo per ragionare, e una composizione più accurata e precisa.
"Crown Of Shame" dicevamo, è il primo EP dei
Tormentor, e segue la stessa scia dei due precedenti lavori, fra riff serrati, la voce acida di
Max Seipke, e un uso della melodia non originalissima, ma certamente ben congegnata. I
Tormentor viaggiano dunque sulla scia di molte altre band che prima di loro sono riuscite nel compito di riportare in auge un Thrash metal di matrice old school, come Suicidal Angels, Warbringer, o Angelus Apatrida.
Chiariamo che in questo EP non sono presenti pezzi totalmente
'in your fuckin' face', ma strutture anche abbastanza articolate, che fra un tocco di melodia qui, e un tocco di aggressività là, riescono a dare all'album una buona impressione. E' la descrizione perfetta ad esempio per
"Slaved To The Core", o
"Call To Arms" che ha in sé forti richiami agli ultimi Destruction e allo stile di chitarra di Mike Sifringer, mentre con
"Welcome To The Depressive Age" si ha sia nel songwriting che nel testo delle influenze alla Kreator post Violent Revolution. Il piatto forte però è decisamente
"The Burden And The Grief", dalla durata di dieci minuti scarsi, dove i Tormentor decidono di viaggiare su sonorità più Doom, con
Max Seipke e il basso di
Christian Schomber a farla da padrone, un pezzo sicuramente non malvagio, anche con una certa atmosfera di decadimento, ma dove una sforbiciata di tre minuti abbondanti non avrebbe certo fatto male.
La band si dimostra quindi coraggiosa nell'andare un pelo fuori dalla comfort zone, che era invece troppo presente nella precedente release, e seppur con un po' di eccessivi lungaggini e una produzione non perfetta, le premesse per un terzo disco che dimostri la maturità della band sono assolutamente presenti. Incrociamo le dita.
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?