Scioltisi inizialmente nel 2014, tornano a riaffacciarsi sulla scena musicale gli
Sceptor, band tedesca/americana che ha fra le sue file ex membri di Titan Steele, Attacker, Bastard Nation, Hammer King, e Hell Patrol. Dopo infatti un EP nel 2010, non particolarmente degno di nota, e un buonissimo album di heavy/speed metal nel 2012, tale
"Take Command!", la band decise di sciogliersi di comune accordo due anni dopo.
Passano ben 5 anni, e nel 2019 gli Sceptor decidono di riunirsi con il qui preente
"Rise To The Light", ma non con la formazione originale, bensì con due terzi di quest'ultima, presente sul solo EP sopracitato. Cambiano bassista, batterista, e uno dei chitarristi, ma non il cantante, in questo caso
Bob Mitchell, che i più conosceranno per i suoi trascorsi negli Attacker, avendo cantato su quel capolavoro dell'epic metal che risponde al nome di "Battle at Helm's Deep", e inoltre sugli album "Soul Taker" e "The Unknown" di metà anni 2000. Diciamo quindi che seppur le premesse per un lavoro eccelso non erano molto presenti, la sensazione di trovarsi comunque davanti ad un ascolto più che dignitoso erano più vive che mai.
Gli
Sceptor confermano queste aspettative, e nonostante un po' di ruggine iniziale durante le prime note di
"Rise To Light", con
"The Curse Of Orlac" che si trascina letteralmente a fatica fino alla fine, e
"Crown Of Nails" che non sembra mai decollare, complice anche la voce di
Bob Mitchell a tratti spenta e forzata, è nella metà del disco che le cose finalmente si fanno serie.
"Dissensions" è un ottimo pezzo che richiama un po' le atmosfere degli Attacker, con un ottimo scambio di riff e un finale evocativo, mentre con
"Beyond The Unknown" ha un bel tiro dove finalmente
Mitchell, mantenendosi su tonalità medio basse, dà il meglio di sé, coadiuvato da una sezione ritmica incessante e coinvolgente.
"Armour Of Black" punta più sul creare un'atmosfera sognante, con frequenti cambi di tempo, riuscendo nel suo scopo, e con la conclusiva
"Spartacus" si sfiorano sonorità thrash, certo non originalissime, ma che comunque si lasciano ascoltare senza problemi. Presenti anche due bonus track, la diretta
"Powerhouse", e
"Shadows In The Maze", canzone un po' ridondante e che non lascia molto a fine ascolto, cercando un po' di rievocare i ritmi dei primi Manowar senza successo.
Possiamo quindi parlare di reunion (ennesima) con successo? Direi di sì, gli
Sceptor non sorprendono nessuno, ma certo non deludono neanche.
"Rise To The Light" si configura come un onestissimo disco, il quale non mancherà certo di far passare quarantacinque minuti e rotti di buona musica a tutti gli appassionati del genere.
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