Jake Cavaliere ed i suoi
The Lords of Altamont sono in circolazione ormai da oltre due decadi. Tra continui cambi di line-up (
Jake è il fondatore e l'unico sempre presente), vita on-the-road, innumerevoli concerti, casini vari, sette album ed una manciata di singoli, la band americana ha portato orgogliosamente avanti il proprio punk'n'roll che odora di grezzo Detroit-sound lontano un chilometro. Già il moniker scelto è una indicazione: il famigerato festival di Altamont (1969) è passato alla storia per le risse sfrenate, gli Hell's Angels con catene e tirapugni, il fiume di droghe pesanti e perfino un omicidio più che per le performances musicali (headliners i Rolling Stones, tra i tanti big presenti), sancendo di fatto la fine dell'era "peace and love" degli hippies e del "flower power". Un punto di svolta sociale e musicale verso forme molto più aggressive e bellicose, con il successivo esplodere dell'hard rock, del punk, dell'heavy metal.
La band losangelina si ispira esattamente al sound fiorito in quel periodo affondando le radici negli MC5, nei Blue Cheer, nei New York Dolls, in un rock'n'roll appesantito, inspessito, rumoroso e crudo, che conteneva già gli embrioni del raw-punk di fine '70. Non lo definiriei nemmeno vintage perchè si tratta di una sorta di estensione dell'epoca, un proseguimento dell'attitudine stradaiola e senza compromessi che ha caratterizzato il periodo in questione.
L'hammond alla Purple, i tempi accellerati dirty-rock, l'atmosfera high-octane, le distorsioni adrenaliniche, perfino alcune venature acide, qui ritroviamo tutto il repertorio dell'hard primi seventies con lo stesso spirito dissacrante e fragoroso. Sullo stesso livello di nomi come The Hellacopters, Zeke, Gluecifer, Zen Guerrilla, tutto grinta battente e pugni serrati.
Il tiro brusco, sudato e rozzo di "
Living with the squares", "
Million watts electrified" o "
Blast for kicksville" non è certo una novità nel mondo del rock, casomai una consolidata tradizione. Ma l'energia sanguigna sprigionata da questi brani è quella che ci fa sempre battere il piede e scuotere la testa, così come apprezziamo l'aspetto melodico-militante dei ritornelli punkeggianti perfetti in sede live. Roba da presa immediata e sempre carica di "good vibration" da guerrieri della strada.
Gli americani non ci fanno mancare un paio di pezzi più torbidi e venati di acidità vintage, come "
Levitation mind", "
Soul in flames" e "
Mud (wet brain)" dove echi e distorsioni sembrano evocare i Motorhead dei lontani esordi. I bikers dal gradiente tossico più elevato adoreranno queste cadenze rallentate e fumose.
Per completare un disco del genere non poteva mancare una cover d'annata: "
Lost in the future" dei The Stooges, tanto per ribadire la collocazione temporale e stilistica di questa formazione.
Una bella botta di adrenalina, questo lavoro. Puro rock'n'roll suonato con attitudine punk e qualche incursione nell'hard primordiale. I
The Lords of Altamont non otterranno mai le copertine dei magazine musicali di tendenza, ma il loro calore sincero vale più di mille proposte create a tavolino.
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