Copertina 8

Info

Anno di uscita:2006
Durata:59 min.
Etichetta:Frontiers
Distribuzione:Frontiers

Tracklist

  1. GOLD DIGGER
  2. NOT CONNECTED
  3. QUE ES LA VIDA
  4. EARLY WARNING
  5. FOOL PARADISE
  6. TUTMOSIS IV – TARANTULA
  7. ANNO MUNDI (THE VISION)
  8. DISFUNCTIONAL KID
  9. MOURNING STAR
  10. TROUBLE JUST KEEPS COMING
  11. THE CLOSEST THING TO HEAVEN
  12. MEMORIES IN THE SAND
  13. TAROT WARRIOR

Line up

  • Aldo Giuntini: guitars
  • Tony Martin: vocals
  • Fulvio Gaslini: bass
  • Dario Patti: keyboards
  • Ezio Secomandi: drums
  • Fabiano Rizzi: drums on "memories in the sand"

Voto medio utenti

Richard Hugh Blackmore, Frank Anthony “Tony” Iommi e Ronald James Padovano, sono tre delle maggiormente seminali personalità dell’intera scena hard ‘n’ heavy, così come le bands che li hanno visti protagonisti hanno influenzato quantità industriali di musicisti, dalle cantine più “anonime” fino a molte realizzazioni anche piuttosto fortunate dal punto di vista “commerciale”.
Ovviamente, com’è noto, ci sono fondamentalmente due modalità differenti di essere “posseduti” da uno spirito musicale così illuminato: la prima, quella più diffusa, prevede un’applicazione quasi scientifica dei connotati tipici della manifestazione artistica, la riproduzione più o meno fedele di quell’incredibile “originale”, insomma, quella che comunemente potremmo definire, con diverse gradazioni, una “copia”, magari anche di discretamente apprezzabile fattura.
La seconda delle metodologie, di contro la maggiormente infrequente, è viceversa relativa alla potenza immaginativa, all’impulso che spinge alla creazione di un’opera alimentati da quel geniale “esempio”, in modo “naturale” e con un’equipollente competenza specifica; in questo caso si può tranquillamente parlare di autentica “ispirazione”, che parte dalla coscienza storica dei modelli e la trasla filtrandola attraverso la propria personalità.
In definitiva, entrambi i procedimenti possono essere potenzialmente attraenti, ma è innegabile che solo nel secondo caso si ha a che fare con veri artisti, di un valore non troppo inferiore a quelle “rarità” che sono in grado di risultare realmente “rivoluzionarie” in un universo musicale in cui si è già sperimentato quasi tutto.
Aldo Giuntini appartiene alla seconda delle succitate categorie: non è esattamente un innovatore, ma la sua passione per le peculiarità stilistiche incarnate da Rainbow, Dio e Black Sabbath è sincera, prorompente, intensa e molto capace, e il fatto di poter ancora una volta contare, per il terzo episodio del suo personale Project, sulla laringe dell’eccellente Tony Martin (non a caso, escludendo la breve parentesi Glenn Hughes, scelto da Iommi per il “dopo” Ronnie James) e il riproporre in questa sede una splendida versione di “Anno mundi (the vision)”, cover dei Sabs tratta da “Tyr”, con la sua grandeur degna della magnificenza di brani come “The sign of a southern cross” o “Chidren of the sea”, contribuisce a rafforzare l’impressione di avere a che fare con un gruppo che guarda esplicitamente a quel tipo d’esperienze per la sua esibizione.
L’ottimo team “made in Crossbones”, costituito da Fulvio Gaslini al basso, Ezio Secomandi alla batteria e Dario Mollo alla produzione (eccellente!), completati dalla “vecchia conoscenza” di questa sorta di “famiglia allargata” (la “parentela” coinvolge a vari livelli anche The Cage e Voodoo Hill) Dario Patti ad occuparsi delle tastiere, aggiunge ulteriormente preparazione specifica e qualità al quadro generale, realizzando una coalizione che fa della sintonia e della forza interpretativa il proprio credo.
Così, mentre Aldo macina costantemente riff catalitici e solismi di gusto superiore e la sezione ritmica “pesta” e trascina senza cedimenti, Martin non si risparmia affatto, offrendo ancora una volta una magistrale prova vocale, densa d’enfasi evocativa e vivide colorazioni timbriche.
Le corse mozzafiato di “Gold digger”, “Fool paradise”, “Disfunctional kid” (bello il chorus) e “Tarot warrior”, tutte un po’ “nobili” discendenti della magica verve dell’Arcobaleno (con una gamma di riverberi che spaziano da “Spotlight kid” a “Kill the king”), le travolgenti “Not connected” e “Early warning” e ancora “Que es la vida”, “Mourning star” e “The closest thing to heaven”, le quali impressionano per le loro atmosfere cadenzate, gloriose e suggestive, o per finire, l’arrangiamento più sofisticato concesso a “Trouble just keeps coming”, dimostrano, ognuna alla sua maniera, di conciliare e custodire una grande propensione per la stagione più fervida di questa particolare branca del rock.
Anche i due episodi strumentali, “Tutmosis IV – Tarantola” e “Memories in the sand”, sono abbastanza “classici”, tra abilità esecutiva e fondamentale apporto di sentimento.
A tutti quelli che immagino a questo punto saranno già pronti a “bollare” questo Cd come la “solita vecchia roba”, vorrei solo ricordare che qualche volta ammirare il “passato” assimilandone i pregi per consolidarli nel “presente” è una pratica ampiamente consigliabile e che nella vita di tutti i giorni, spesso, se sono ben cucinati, i piatti dal sapore e dagli ingredienti in qualche modo “tradizionali”, non sono poi meno stuzzicanti di molta “nouvelle cuisine” o presunta tale.
Senza eccessivo e fazioso attaccamento “patriottico”, “Italians (with a little help) do it better”, anche nel campo dell’hard rock, già da qualche tempo un settore in cui “abbiamo” ormai ampiamente attestato di aver imparato bene la lezione, anche meglio di tanti altri.

P.S. La Frontiers, contemporaneamente a quest’uscita, ristampa in edizione mid-price, anche “Giuntini Project II”, sempre con la medesima formazione … se a suo tempo Vi era sfuggito, ecco un’occasione imperdibile per rimediare!
Recensione a cura di Marco Aimasso

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