Ed ecco "
Dy'th Requiem for the Serpent Telepath" di Esoctrilihum, one man band francese capitanata da Asthâghul, capace di pubblicare sei full-length e due EP di inediti dal 2017 ad oggi. Impressionante. Ma ancora più impressionante è la qualità delle uscite del nostro: si sa, l'underground pullula di one man band che pubblicano un disco all'anno fotocopiando quanto fatto precedentemente. Non è il caso del progetto in esame. Al contrario, la discografia di Esoctrilihum testimonia un continuo processo evolutivo che porta Asthâghul a sperimentare sempre nuove soluzioni, spingendosi spesso e volentieri in territori poco battuti.
Se agli albori ciò che veniva messo in scena era un violentissimo e caotico connubio black/death metal - che pure celava una certa inflessione occulta ed atmosferica - ora siamo di fronte ad una trasfigurazione, che oserei definire avantgarde, del sound primordiale della band. Se è vero che la personalità non è mai mancata, ciò che ora segna indelebilmente la proposta di Asthâghul è l'impressionante capacità di sviluppare soluzioni di songwriting elaborate eppure suadenti, capaci di irretire l'ascoltatore e catturarlo nel delirio mistico e spaziale messo in atto nell'album.
Dopo la strepitosa doppietta "
The Telluric Ashes..." e "
Eternity of Shaog" (mio personale album preferito del 2020), dunque, questo è l'ennesimo centro. E chi poteva esserne responsabile se non la nostrana
I, Voidhanger Records?
Qui, il processo di maturazione raggiunge una nuova tappa e tutto, ancor più che nel magnifico predecessore, suona compatto, armonico, omogeneo: forse qualcuno potrebbe intravedere nel nuovo "
Dy'th" una variazione sul tema rispetto a quanto fatto nel recente passato ma, se devo essere onesto, ciò che ci vedo è un tentativo di esplorare con ancora maggiore lucidità il continente oscuro scoperto negli album precedenti.
Asthâghul, insomma, fa di fatto tutto ciò che gli pare e, per giunta, gli viene benissimo: mai come ora si possono apprezzare arrangiamenti così ben riusciti e trame compositive variegate in cui le emozioni si susseguono in una narrazione unitaria che lega ogni pezzo al successivo. Tutto sembra congegnato con sapienza, limando ogni dettaglio: la scelta dei suoni, i frequenti cambi di tempo, il perfetto equilibrio tra atmosfera e violenza, il modo quasi madrigalistico in cui ogni composizione mette in scena la lirica a cui si riferisce.
Chi conosce Esoctrilihum riconoscerebbe a scatola chiusa la paternità di questo lavoro: solo il maestro francese, infatti, è in grado di generare questo particolare bouquet sonoro in cui annichilente violenza ed etereo sogno si sposano in una cornice ritualistica arcana e maestosa. Nel presente lavoro, tutti questi elementi risultano sublimati in un concept album complesso e trascinante, longevo proprio nella misura in cui riesce a calamitare il fruitore ascolto dopo ascolto per riuscire a carpire tutti i segreti che, come rettili, si nascondono negli interstizi dell'opera.
Pur allontanandosi dal canone del black metal tradizionale - e non di poco - un album del genere riesce a restituirne l'intento più genuino e radicale: il sentimento di superiorità ed elezione che quest'album è capace di incutere, infatti, è ormai merce rara ma che, quando viene scovata, riesce nell'impresa di elevare un ascoltatore che sia predisposto sopra la mediocrità del mondo che lo circonda.
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