Tornano i
Wayward Sons di
Toby Jepson e con loro torna l’
hard-rock a “presa rapida”, al tempo stesso ruvido e melodico, capace di sfuggire alla
routine grazie alla varietà stilistica e alla cura degli arrangiamenti.
Il terzo numero di questo godibilissimo “fumetto musicale” (
cfr. la
cover dell’opera, prosecuzione di un immaginario sfruttato fin dal debutto del gruppo) ostenta ancora una volta un numero piuttosto consistente d’influenze sonore (Led Zeppelin, The Beatles, Foo Fighters, Thin Lizzy, Queen, Green Day, …) e le mescola con acume e buongusto, conquistando l’attenzione al primo contatto.
Rispetto ai predecessori, le melodie di “
Even up the score” esibiscono forse complessivamente un pizzico di minore impatto istantaneo, ma non sarà comunque difficile farsi coinvolgere dalle pulsazioni Zeppelin-
esche della
title-track, dall’agile e infettiva atmosfera di “
Big day” (una “roba” che piacerà pure agli estimatori di
Billie Joe Armstrong e
Dave Grohl) e dal “tiro” di “
Sign of the times”, che mesce Aerosmith, Mott the Hoople e Queen con disarmante disinvoltura.
Il
riff portante di “
Bloody typical” conduce l’astante nelle spensierate lande del
power-pop e per chi certe cose non le digerisce c’è sempre “
Faith in fools”, avvolgente ritorno sui sentieri dell’
hard-rock più passionale, mentre “
Fake” trasmette all’ascoltatore la “strana” sensazione di avere a che fare con dei Deep Purple impegnati in una j
am-session con Weezer e Beach Boys.
Escludendo iperboli comparative, anche al meno “smaliziato” dei
rockers (che magari non conosce la brillante e un po’ sottovalutata parabola artistica dell’ex “
young god”
Jepson, per esempio …) a questo punto sarà chiara la variegata cultura posseduta dai
Wayward Sons, capaci strisciare nei sensi con l’ardore subdolo di “
Downfall” o l’ombroso carattere
anthemico di “
Tip of my tongue”.
Il contagio (e le ispirate reminiscenze illustri … relative stavolta a Queen, Foo Fighters e Thin Lizzy ...) continua con l’
up-tempo “
Looking for a reason” (bello il
break di tastiere), con l’adescante struttura armonica di “
Land of the blind” (la mia personale
best in class dell’albo, che consente di spendere parole d’elogio anche per l’ottimo
Sam Wood) e con la sbarazzina “
They know”, in cui affiora nuovamente piuttosto nitido l’influsso del
british glitter-rock, trasportato nel terzo millennio.
Non rimane che consigliare “
Even up the score”, oltre ai
fans dei
Wayward Sons (e dei Little Angels …), a tutti quelli che amano i suoni “facili”, energici e non banali … una “rarità” anche nella congestionata offerta discografica contemporanea.
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