Tempo di debutto anche per i
Galaxy, quintetto australiano che mi è subito saltato agli occhi (e alle orecchie) sia per la scelta del nome della band, che per la copertina scelta per
"On The Shore Of Life". Sono saltati subito alla mente gli Stratovarius dei vecchi tempi, insieme alle copertine dei Praying Mantis, Agent Steel, e altri gruppi attirati dal tema fantascientifico.
Fantascienza che troviamo anche nei testi del disco, molto ispirati, e sia nella musica a volte sognante e che riesce a trasportare per qualche momento in altre dimensioni. A parlarne in questo modo, voi penserete
"e perchè diamine un voto così nella norma?" Risposta tanto semplice quanto leggitima è la domanda. La voce è un qualcosa di semplicemente atroce.
Se escludiamo la ballad
"Daughter In The Distance", che risulta efficace e con un aura un po' alla 'Planet Caravan', è sui pezzi veloci che Phillip T. King crolla definitivamente.
"Bright Stars",
"Gemini", sono alcuni degli esempi dove l'ottimo riffing viene messo in secondo piano dal suo stile di canto, che per quanto sia incentrato per un certo verso a creare delle atmosfere mistiche, svela subito un carisma inesistente e delle performance sulle tonalità alte che....beh, lascio a voi l'ascolto. Il che è veramente un peccato, perchè pezzi come la finale
"We Enter the Door of Death Alone" ha delle parti strumentali davvero interessanti, come anche
"Valentine" che ricorda un po' i Judas Priest degli anni Settanta.
Mi viene un po' spontaneamente il paragone con 'Orgasmic Glory' degli Aphrodite, uscito a Marzo di quest'anno. Ottima musica, ma vocals da cancellare. Sperando che
Phillip T. King si concentri di più sulle diverse sfumature della sua voce e su come farle risaltare al meglio, per ora i
Galaxy rimangono, purtroppo, in un limbo momentaneo.
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