Quello che era nato nel 1999 come un semplice
divertissement fra un gruppo di amici, nel corso degli anni è diventato un progetto serio e solido, assorbendo le defezioni in modo indolore e cooptando alla causa nuovi entusiasti membri.
L’ultimo ingresso in casa
Lock Up è quello del quell’autentica piovra dietro le pelli che prende il nome di
Adam Jervis - motore turbo già visto all’opera nei grandissimi
Misery Index e
Pig Destroyer - sostituendo egregiamente il veterano
Nicholas Barker e completando la formazione che vede protagonisti S
hane Embury, Tomas Lindberg, Kevin Sharp e Anton ReiseneggerEd è con questa super formazione che “
The dregs of hades” entra di prepotenza negli ascolti di fine 2021, con la delicatezza di un elefante in una cristalleria, impietoso grindcore “alla cara e vecchia maniera” in cui il Fattore G(roove) ha un peso determinante nel conferimento di spessore e varietà in qualche misura “raddolcito” dagli elementi più propriamente death metal
Sotto questo aspetto
“The dregs of hades” dona all’ascoltatore esattamente quello che vuole.
I
Lock Up non cercano minimamente di ammaliarci con soluzioni intriganti, non sono interessati a corromperci l’anima con ritmi ipnotici e dissonanti e suoni disturbanti. A loro interessa solo una cosa: colpire veloce e forte – ripeto - “alla cara e vecchia maniera”.
Il che è - ma non lo scopriamo certamente oggi vero? - allo stesso tempo il punto di forza e il limite della band la quale rarissimamente esce dai confini autoimposti e quando lo fa si sente distintamente la manina santa di
Shane Embury in sede di scrittura (v. la conclusiva
“Crucifixion of distorted existence” che non sfigurerebbe all’interno del catalogo della Morte al Napalm)
A conti fatti, la parte centrale del disco è quella polposa, i minuti compresi fra
“Dark force of convinction” e
“Nameless death” è un autentico macello in cui l’adrenalina scorre veloce ed in cui la prestazione dei due vocalist si alterna/mischia ci invita all’headbanging forsennato, valvola di sfogo all’energia che abbiamo dentro.
“The dregs of hades” è un disco onesto, uno di quelli che non ti fa rimpiangere l’acquisto e, sotto molti aspetti, è un lavoro “rassicurante” nel suo prendere a gomitate l’ascoltatore.
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