Arriviamo alla fine di questo 2021 con un altro ritorno di una band sulle scene, ma stavolta non parliamo propriamente di un gruppo rinomato e popolare, da copertine di riviste o simili, ma un cult del metal classico, i
Sacred Oath. Attivi dal 1984, la band pubblicò tre anni più tardi l'ottimo
"Crystal Vision", a parere di chi scrive un disco che andrebbe totalmente riscoperto, ma verso il quale ho anche un bel ricordo in termini affettivi, dato che assieme agli Stormwtich furono uno dei primissimi gruppi che scoprii dopo aver scoperto le band 'classiche'.
Ero quindi pieno di tutte le buone intenzioni durante l'ascolto di questo nuovo
'Return Of The Dragon', che segue di ben quattro anni il lavoro precedente, tral'altro il lasso di tempo maggiore che la band ha avuto da quando è tornata in attività dal 2005. Il disco segna inoltre l'aggiunta di un terzo chitarrista, l'americno
Damiano Christian, che ha saputo dare al sound generale del gruppo una robustezza in termini sonori non da poco. Quello che si evince, subito dalle prime note, è quanto i riff e la compattezza del suono siano più immediati rispetto ai precedenti lavori.
Quante volte abbiamo sentito di gruppi dove la pesantezza dei riff, era in realtà tanto fumo e niente arrosto? I Sacred Oath non rientrano in questo discorso, dato che seppur vi siano riff molto decisi come in
"At The Gates", giocano un ruolo fondamentale la voce di Rob Thorne che non sembra sentire il tempo che passa, e momenti più aperti che danno ampio respiro e libertà, in grado di costruire atsmofere più epicheggianti, ad esempio nell'iniziale
"Chtulu Awakes". Ci sono momenti dove la band va leggermente oltre ed esagera, emulando in un certo senso le prove degli ultimi Vicious Rumors,
"Last Ride Of The Wicked Dead" e
"The Next Pharaoh" non sono esaltanti, ma i ritornelli ci sono e ogni componente dà un ottima prova.
"Hammer Of An Angry God" sfocia in un chorus che fa un po' rock n' roll, mentre è con
"Into The Drink" che i tre chitarristi possono dar sfoggio di tutto il loro talento, con ottimi assoli sorretti da riff coinvolgenti.
Centro pieno quindi per i
Sacred Oath, che arrivati a questo punto sembrano ormai aver trovato un'ottima formula e un ispirazione sempre fresca, con dischi che non risentono di una eccessiva staticità, ma anzi, dove si trova una buona omogeneità musicale, tutto questo con il loro marchio inconfondibile. Un ascolto che tutti gli amanti del metal classico non possono ignorare.
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