La prima cosa che viene da pensare è: ma cosa diavolo è il
Kubark Project? È una parola strana che i
D-Tox si sono inventati per attirare una certa curiosità, grazie anche alla scelta di una cover molto enigmatica?
La parola Kubark è ripresa da un progetto della CIA, esattamente il Kubark Counteritelligence Interrogation, di fatto un manuale sulle tecniche di tortura destinato ai funzionari e gli agenti operativi che l’agenzia di sicurezza americana aveva redatto nel 1963, e in parte desecretato dal governo degli Stati Uniti solo nel 1997. Inoltre nella desecretazione è anche saltato fuori che la parola Kubark non è un termine strano che gli americani si sono inventati e che sta lì così, un po’ per caso, ma designa la stessa CIA. Bello eh?
Partendo esattamente da queste premesse i D-Tox hanno tirato fuori un album che rende pienamente giustizia ad un background simile: per cui preparatevi, perché tra le varie mazzate sulla batteria, riff di chitarra graffianti, l’incalzare del basso e una linea vocale tutt’altro che morbida e accomodante, le ballad non potevano che essere assolutamente bandite.
Uno degli aspetti migliori di questo album, lasciatemelo dire, è che nonostante si rifaccia ad un sound molto classic metal i D-Tox non si sono posti limiti nel concepirlo e realizzarlo, non hanno avuto alcun dubbio nell’utilizzare quelle sonorità esterne a questo specifico ambito musicale (che rimane tutto sommato una traccia portante nella scelta del sound) per meglio creare e delineare le atmosfere di ogni singolo brano. Un’altra caratteristica decisamente marcata, è una grande uniformità dell’opera nonostante le varie tracce che la compongono presentino, ognuna, delle sonorità ben marcate e peculiari, risultando così facilmente distinguibili l’una dall’altra.
Il sound cupo e violento che coinvolge e subito attrae l’attenzione, nasconde un livello tecnico non indifferente e che emerge per bene solo dopo diversi ascolti; un’alternanza di ritmi, tempi e musicalità che rende Kubark Project un album sempre più interessante dopo ogni ascolto, che fa emergere una cura e una ricercatezza nei suoni che sul momento, ad un primo ascolto, rischia quasi di perdersi.
Inoltre, e non è cosa da poco, questo album è di fatto un concept che si muove in avanti potente ed ineluttabile, raccontando una sua storia che richiama ad un certo cinema, horror ovviamente, e le atmosfere tipiche di un autore fondamentale per questo genere come
John Carpenter.
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