Presumo fosse inevitabile.
Troppo dotati di ambizione e talento, i nostri
Allegaeon, per precludersi una sortita oltre i confini del
death metal. Tecnico quanto volete, contaminato qua e là, ma pur sempre
death metal.
Prima che vi spaventiate: “
Damnum” non ridefinisce
tout court le coordinate stilistiche del gruppo a stelle e strisce, né latita in termini di brutalità e perizia strumentale. Anzi.
Semmai, il nuovo
platter mette in mostra una pletora di soluzioni ed un tasso di versatilità tali da generare addirittura disorientamento in un
fan della prima ora come il sottoscritto.
Sino al terzo ascolto, lo ammetto senza remore, ho faticato ad “entrare nell’ottica”; una volta finito il collaudo, sono riuscito ad apprezzare quello che ora ritengo l’ennesimo centro discografico -pur con qualche inciampo sul quale tornerò a breve-di una band sino ad oggi infallibile.
Immagino vi starete chiedendo da cosa possa derivare cotale spaesamento.
Citerei
in primis la prestazione canora di
McShane. Ricordo che in occasione del precedente album, lo splendido “
Apoptosis”, il
singer era stato accusato -non dal sottoscritto- di possedere un
growling troppo gutturale e monocorde, incapace di fornire la giusta coloritura a brani complessi come quelli degli
Allegaeon.
Credo che il nostro buon
Riley se la sia presa a male, posto che a questo giro si lancia in una esplorazione di stili che ha dell’incredibile:
clean vocals come se piovesse, parti sussurrate, aggressioni canore di panteriana memoria, linee urlate alla
Devin Townsend… La svolta potrà piacere o meno, ma da un punto di vista tecnico e di interpretazione i risultati sono notevoli.
In secondo luogo mi soffermerei sulle sonorità: in un’ora quasi esatta di durata vengono messi sul piatto sfoghi
cyber thrash alla
Strapping Young Lad (la conclusiva “
Only Loss”), dissertazioni pianistiche (la porzione strumentale di “
Blight”), impressioni
progressive death che guardano agli
Opeth dei tempi che furono (“
Called Home”), parentesi acustiche pregne di malinconia e introspezione (“
The Dopamine Void Pt. 1”, “
In Mourning”), e addirittura slanci
catchy di matrice
*core (il singolo “
Of Beasts and Worms”).
Davvero tanta carne al fuoco, il cui inusuale sapore viene solo parzialmente mitigato da quello familiare dei pezzi più squisitamente
technical death (“
To Carry My Grief Through Torpor and Silence”, “
The Dopamine Void Pt. 1”, peraltro una delle migliori del lotto); non posso ovviamente sapere se sia addirittura troppa per i vostri palati, ma il mio umile consiglio, nonostante la votazione lusinghiera, è quello di dare un ascolto a “
Damnum” prima di procedere all’acquisto… fossi in voi eviterei però di partire da “
Saturnine” ed “
Into Embers”, episodi che ho trovato meno incisivi rispetto al resto della
tracklist (l’ultima, poi, presenta linee vocali un pelo troppo “morbide” per i miei gusti).
Gli
Allegaeon, dunque, hanno deciso di sparigliare le carte, pur mantenendo saldi i contatti col loro passato. Per ora teniamoci ben stretta una compagine davvero preparata e interessante, e vediamo cosa ci riserva il futuro.
Occhio, però, a non esagerare: mi hanno sempre lasciato perplesso i ristoranti dai menù troppo estesi…
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