Tornano gli spezzini
Septem, dopo ben 6 anni di silenzio, con il loro nuovo lavoro in studio dall’accattivante titolo
Pseudonica realizzato, una volta ancora, sotto la medesima label, ovvero la fedele
Nadir Music.
L’album, caratterizzato da un artwork altrettanto affascinante e che potrebbe prestarsi a molteplici significati, poggia le sue basi fondamentalmente su un classico heavy metal, di matrice fortemente Maideniana (quelli “post-Brave New World”, per intenderci).
Tuttavia, i nostri compiono spesso delle autentiche incursioni nel power-thrash, come nel caso della title-track o della complessa, ma riuscitissima,
Blood And Soul, mentre altre volte, strizzano vistosamente l’occhio al progressive, considerando la struttura leggermente più elaborata di alcune tracce, come
The Other Side, ma soprattutto la mini-suite
Sa Femmina Accabadora.
Nel complesso,
Pseudonica suona bene in tutti i suoi brani che, come si diceva prima, sono riconducibili ai lavori più recenti e meno diretti della “Vergine di Ferro”, le cui fondamenta sono costituite dal classico giro di basso e/o di chitarra, ripetuto all’infinito, su cui poi viene eretto il resto del lavoro. I
Septem tuttavia si guardano bene dal riproporre eccessivamente il medesimo riff e optano saggiamente per un opportuno snellimento delle tracce. Canzoni come
Man On The Bridge,
The Lust Within,
Devil In Disguise, o la conclusiva
The North Star, risultano indubbiamente più accessibili rispetto a quelle menzionate precedentemente, e inoltre, sono tutte caratterizzati da una crescente aggressività che, tuttavia purtroppo, non è sempre supportata da una voce altrettanto robusta. Questo è forse il punto dolente del disco, che si manifesta in tanti brani: il vocalist
Daniele Armanini, è dotato, sia chiaro, di un buon timbro, ma forse, eccessivamente pulito per lo stile della band e sembra palesare evidenti difficoltà quando il pezzo diventa più violento. Per ovviare a questa problematica i
Septem decidono saggiamente di inasprire le linee vocali ricorrendo alla voce gutturale del chitarrista
Luca Riggio (ultimo arrivato nella band, ma inseritosi subito alla grande!) che riesce a conferire quella sferzata di aggressività, necessaria per lasciare il segno.
In conclusione,
Pseudonica è un disco onesto, suonato con passione e convinzione da parte di una band cresciuta a “pane e Iron Maiden”, che ne ha sicuramente apprezzato anche l’ultima (altalenante) parte della carriera, e lo dimostra pienamente in questa sua nuova fatica discografica, in cui tuttavia, gli episodi maggiormente riusciti, sono quelli in cui i
Septem riescono a slegarsi dal filo conduttore della loro musa ispiratrice, esplorando altri territori, meno conosciuti, in cui riescono, in maniera del tutto spontanea, a dare il meglio di se, sprigionando tutto il loro entusiasmo.
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