Pur apprezzando la sua voce duttile e comunicativa, non sono mai stato un grande
fan di
Tony Mitchell, soprattutto par quanto riguarda la carriera solista.
Devo dire, però, che giunto alla terza prova discografica in tale ambito, il nostro ha trovato finalmente una dimensione compositiva più coerente e ispirata, tanto da rendere “
Hot endless summer nights” un ascolto piuttosto godibile, almeno se Bon Jovi, Def Leppard, Tyketto e Rainbow sono parte integrante della vostra formazione di
rockofili.
Permeato da intenzioni espressive (dichiaratamente)
ottantiane, alimentato da uno spiccato spirito
yankee (assorbito anche durante un viaggio negli
States compiuto da
Mitchell proprio alla fine degli anni '80), il disco sgrana una dozzina di piacevoli momenti sonici consacrati alla tradizione dell’
hard melodico, solcando con una certa disinvoltura e buongusto atmosfere avvolgenti e
adulte (la vagamente
Bryan Adams-esca title-track dell’opera, le vibranti "
Can’t fight it” e “
Drowning in a sea of paradise” e la cantautorale “
Leave the world behind”, impreziosita dal
sax di
Daniel Sings), piccole contaminazioni
pop-wave ("
Neon sky” con qualcosa dei Simple Minds e “
Turn back time”, un
mix tra Def Leppard e U2), pulsanti squarci
anthemici (“
Blame it on the rock’n’roll”, “consanguinea” di Queen e The Who) e cromature melodrammatiche (“
Faithless” e “
Calling mother nature”), il tutto coordinato da un’ugola sempre abbastanza “a fuoco”, supportata da un
team di musicisti di comprovata cultura e competenza (in particolare l’abile chitarrista dei Midnite City,
Miles Meakin).
Non tutto il programma mantiene la stessa tensione emotiva (la ballata “
Strong enough”, “
With you in a heartbeat” e "
Caught in the headlights”, che unisce in maniera un po’ artefatta
gospel e The Cars, piacciono senza convincere) e nell'insieme il “gioco delle citazioni” a volte può rischiare di superare il livello di guardia, ma ciò non m’impedisce di considerare “
Hot endless summer nights” un
passetto in avanti nella parabola artistica di
Tony Mitchell, non ancora pienamente attrezzata per competere ad alti livelli e tuttavia collocabile nella fascia medio-alta della ricca scena melodica contemporanea.
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