A distanza di 10 anni dall'ultimo album in studio, e a 20 dall'omonimo EP d'esordio, tornano sulle scene gli
Screaming Shadows di
Francesco Marras. E lo fanno con una formazione completamente rinnovata e con una copertina 'abbagliante' firmata da
Stan-W Decker!
Gli stilemi rimangono quelli dei lavori passati, ma c'è una maggiore consapevolezza dei propri mezzi e una leggerezza di fondo (che non guasta mai!), che rende il tutto più fruibile fin dal primo ascolto. Abbiamo, quindi, meno digressioni del leader - probabilmente dedicate alla sua carriera solista, avviata giusto quando la band madre è andata in stallo - che, oltre a far parte dal 2020 della cult-band
Tygers of Pan Tang (
qui la notizia riferita all'annuncio), negli ultimi anni ha partecipato anche al progetto ideato da
Fabrizio Sassi per celebrare le opere di
Petrarca:
Verde Lauro.
Cosa hanno combinato allora gli
Screaming Shadows negli omonimi studi di Sassari e di Dülken, in Germania, del guitar-hero sardo? Iniziamo col dire che, eccetto il mastering offerto da
Mattia Stancioiu - rispetto al precedente
Night Keeper - l'unica ospitata è quella del drummer
Ethan Z. Duncan. Il bassista invece è
Jürgen Steinmetz, presente nei
Silent Force proprio in quel periodo che hanno visto
DC Cooper via dai
Royal Hunt come frontman.
Al microfono ritroviamo, però,
Alessandro Marras, che già aveva cantato "
Free Again" proprio sul disco rilasciato nel 2011 dalla
Jolly Roger Records. Il suo timbro dickinsoniano, a parere del sottoscritto, riesce a dare una maggior espressività ai pezzi, rispetto a una voce dichiaratamente power. Come si evince fin dal brano d'apertura del disco, "
Free Me", scelto proprio per l'annuncio di
Legacy of Stone e presentato lo scorso giugno con il seguente videoclip.
Ma non si limita solo a quello! Già nella successiva "
Heaven or Hell" l'approccio risulta più catchy, con un ritornello vincente seguito a ruota da un assolo classic style mai stucchevole. "
Crimes with No Name", invece, ricorda vagamente sia il periodo solista della voce dei
Maiden che il recente revival ottantiano di alcune band scandinave.
"
Love and Hate" piazza in apertura un virtuosismo che riaffiora ripetutamente nel corso della traccia, in cui è
Duncan a dettare il ritmo del brano (forse) meno avvincente del lotto. Poi è il turno della cupa "
The Devil’s Mask" che, nel suo incedere dai tratti mediorientali, si sviluppa in un'elaborata parte solista protratta fino alla chiusura.
Subito dopo il giro di boa è stato posizionato l'arpeggio di "
Lost Child", sorta di mid-tempo incalzante posto prima delle accelerate di "
Live for Your Dreams". In cui a farla da padrone è una certa malinconia che, poi, sfocia nelle sfuriate che passano dal manico del leader.
A seguire troviamo la cadenzata "
Stand in Line" che, alle parti atmosferiche insite nelle strofe, alterna uno dei refrain più azzeccati dell'intero disco. "
Shake Your Blood", come dice il titolo, è il pezzo che riesce a incutere maggiore trasporto nell'ascoltatore... Ed è anche quello che ci porta a credere che l'intento iniziale è stato centrato!
Chiusura affidata alla bordata di "
Where I Have Been Up to Now" di chiaro stampo helloweeniano, con linee melodiche attraversate prepotentemente dal basso di
Jürgen. Degna conclusione di un full-length sicuramente più scorrevole dei precedenti che, malgrado il perfettibile bilanciamento dei suoni, rimane comunque un ascolto godibilissimo anche a distanza di diversi mesi.
Le 3 bombe del disco > "
Heaven or Hell" - "
Crimes with No Name" - "
Shake Your Blood"