Mamma mia che brutta roba. Ma andiamo con ordine.
In un incrocio di talenti mica da ridere, orchestrato dalla nostrana
Frontiers, la label riuscì ad assemblare nel 2017 un ‘supergruppo’, a nome
Spirits of Fire, con nomi davvero da capogiro:
Chris Caffery alla chitarra e alla stesura dei brani,
Steve DiGiorgio al basso,
Mark Zonder alla batteria e
Tim ‘Ripper’ Owens dietro il microfono, mica pizza e fichi! Tale popò di line-up diede vita al debut omonimo nel 2019, prima di cambiare cantante, acquisire nientemeno che
Fabio Lione e ripresentarsi, in questo 2022, col qui presente “
Embrace the Unknown”.
Ora, se volessi riassumerlo in parole povere, questo è un album composto da canzoni
fiacche, arrangiate poco e niente, in cui la quantità di SPRECO DI TALENTO (visti i nomi) è intollerabile. A tutto questo aggiungi che prima mi licenzi Ripper, poi mi assumi Lione e gli dici praticamente di fare il verso a Ripper, facendolo cantare ‘cattivo’ ma al contempo mantenendo quel vibrato esagerato
à la Al Bano, che personalmente trovo fuori tempo massimo da qualche decennio (ma questo è un problema del recensore), il tutto all’interno di un album che invece fa della ‘cazzimma’ la sua quota stilistica, sbandierata in interviste, comunicati stampa e quant’altro. E d’altronde, mi devo ripetere, quando hai gente come DiGiorgio, Zonder e soci in giro, il minimo che ti aspetti è un disco funambolico, tecnico, sicuramente non banale, mi si parla addirittura di “
classic Priest meets Savatage” (cit.). Tutte qualità che “Embrace the Unknown” NON possiede.
Dodici brani, tutti pericolosamente simili l’uno all’altro, troppo semplici nella struttura e nell’arrangiamento, con linee vocali dimenticabilissime, assoli appena decenti, e strutture ritmiche talmente semplici e scontate che ti mangi le mani a pensare a chi le sta suonando: è un po’ come prendere la Ferrari per andare alla Coop a comprare i cetrioli! E poi, non me ne voglia, ma Lione in questo disco è decisamente fuori contesto: quel timbro non gli appartiene, non suona genuino (colpa sicuramente non sua), ed il risultato è un’oretta di musica in cui ti ritrovi a pensare, “ma perché diavolo le canta tutte così”, oppure “ma perché cavolo gliele fanno cantare tutte così”, oppure ancora “ma perché cavolo hanno preso lui se volevano un cantante così”, oppure infine “ma perché cavolo sto ascoltando ancora sto disco”…
Niente. Non ci siamo proprio. Che spreco, che peccato.