“An Hour Before It’s Dark” è un lavoro più scorrevole rispetto al suo predecessore, aspetto che non posso che accogliere favorevolmente avendo trovato
“FEAR” - per i miei gusti almeno - un tantino generoso in quanto a minutaggio.
L’introduttiva
“Be Hard On Yourself” dà un po’ la misura di quello che sono i
Marillion oggi, epici ma compatti, tutti parimenti protagonisti nel loro essere al servizio della canzone e non dei rispettivi ego.
“Reprogram The Gene” è più lineare e muscolare, e arriva prima di
“Only A Kiss”, breve interludio che sfocia nella scorrevole ma insipida
“Murder Machines”.
Da qui in avanti sono solo ottime canzoni. Si comincia con la sofferta e ricercata
“The Crow And The Nightingale” che fa il paio con quello che è l’episodio più intimo del lotto, l’ottima
“Sierra Leone” che spicca per la performance magistrale di
Steve Hogarth. La conclusiva
“Care” mette a sistema trip-hop, aperture melodiche caratteristiche del neo-prog e momenti pinkfloydiani in quindici e rotti minuti che scorrono in un lampo.
I
Marillion, nel 2022, si possono solo ammirare e ascoltare in religioso silenzio.
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