Come qualunque movimento musicale in grado di segnare un'epoca, anche il death metal melodico di scuola svedese, o di Göteborg se preferite, ha avuto i suoi precursori e coloro i quali ne hanno definito le coordinate: At the Gates, In Flames, Dark Tranquillity sono i pilastri del genere, riconosciuti in maniera pressoché unanime.
Ovviamente, quando una scena acquista una grande risonanza, come accaduto per quella in questione nella prima metà degli anni '90, è automatico che tanti gruppi ne facciano parte e, pur senza raggiungere la fama, riescano comunque a determinarne il successo e la qualità complessiva.
In questa schiera di "gioielli nascosti" del melo-death svedese, gli
Eucharist occupano, a mio parere, un posto davvero speciale.
Il loro esordio "A Velvet Creation" del 1993, preceduto dal seminale singolo "Greeting Immortality", resta, ad oggi, uno dei migliori esempi di cosa voglia dire suonare death metal in maniera melodica grazie alla perfetta fusione di atmosfere sulfuree e divagazioni più classiche e più "orecchiabili" rispetto al death di matrice americana.
Il successivo "Mirrorworlds" del 1997, ad oggi ultimo lavoro dei nostri, ne sanciva, a mio parere, lo status di cult band in tutto l'estremo svedese.
Questo ci dice la storia.
Fino ad oggi, lo ripeto.
Dopo 25 anni, invece, la storia degli
Eucharist, improvvisamente, si arricchisce di un nuovo capitolo poiché
Markus Johnsson, da sempre leader dei nostri, interrompe un lunghissimo silenzio per dare alle stampe
"I am the Void", un nuovo album tanto inaspettato quanto sorprendente.
Gli
Eucharist hanno sempre dimostrato, a differenza dei loro illustri colleghi, di possedere una fascinazione per le tinte oscure e fredde che, evidentemente, li hanno portati a distaccarsi completamente dal suono delle origini per offrirci quello che è, in tutto e per tutto, un album di Swedish black metal devoto alla scuola di Dissection, Necrophobic, Sacramentum e compagnia satanica.
Sorpresi?
Io, personalmente, si.
"I Am The Void" è un lavoro che non mi aspettavo. Non dagli
Eucharist.
Invece eccolo qui, nero, sinistro, inquietante.
Melodico certo, ma anche brutale, tanto che in certi frangenti emerge lo spettro di Dark Funeral e Marduk (non è un caso che dietro le pelli ci sia l'attuale drummer di questi ultimi), gelido e terribilmente "catchy".
Gli
Eucharist, credo sia chiaro, non hanno inventato niente, ma mi piace pensare che abbiano voluto comporre un disco che andava loro di fare: visto quello che propongono, non ci vedo velleità commerciali e nemmeno nostalgia per il
LORO passato, ma semplicemente la volontà di esprimersi secondo gli stilemi musicali che, oggi, ritengono essere i propri.
Com'è il risultato?
Prima di tutto, lo ripeto ancora, imprevedibile.
Poi, certamente di buon livello dato che
Markus conosce benissimo la materia che suona e sa regalarci alcuni brani davvero ispiratissimi per atmosfere, riffing incisivo, melodie oscure, perizia esecutiva e registrazione praticamente da manuale, anche se, e qui vengono le note dolenti,
"I Am The Void" è troppo lungo (77 minuti) e in alcuni frangenti troppo ripetitivo, difetti, anche grandi, che però non inficiano, non troppo almeno, il complesso architettonico di un lavoro che ha bisogno di pazienza ed ascolti ripetuti per essere amato nella sua essenza più profonda ed oscura.
Non siamo alla presenza di un capolavoro o di musica che rivoluzionerà un genere, questo certamente no, ma tutti i nostalgici di un certo suono e tutti gli amanti della musica estrema di classe si sentiranno a casa all'interno delle noti vorticose e raggelanti di
"I Am The Void", uscito con decenni di ritardo, ma meritevole della vostra attenzione, fosse solo per scoprire un nome che, ingiustamente, non ha mai avuto il riconoscimento che avrebbe meritato.
Forse sarò solo un nostalgico, ma in questo 2022 è la prima volta che il mio cuore abbia sussultato... spero sia di buon auspicio.