Non ci siamo!
Tanta (troppa!) confusione all’interno di questo
Celestial Extinction, esordio discografico dei
Cryptivore, una one-man metal band australiana, originaria di Brisbane e capitanata dal polistrumentista
Chris Anning che, nonostante le buone intenzioni, sembra proprio non riuscire a trovare il filo conduttore che tiene insieme questo lavoro.
Celestial Extinction è un disco di 10 tracce, della durata totale di 28 (si, avete letto bene: VENTOTTO!) minuti...ma il vero problema del disco non è tanto la breve durata (anche “Reign In Blood” durava meno di mezz’ora e per favore perdonatemi questo assurdo paragone che è, a dir poco, una bestemmia!), quanto piuttosto l’estremo disordine e la superficialità che regnano all’interno del sound dei
Cryptivore, privo di vere e proprie linee guida che traccino le coordinate dei pezzi, i quali, a loro volta, risultano confusi ed approssimativi.
L’album è inoltre tremendamente scarno, punta tutto sull’impatto sonoro immediato, potendo contare su una produzione ultra-compressa, su una sezione ritmica a velocità costantemente forsennate e su un growl sforzato all’inverosimile, niente di più. Il disco denota una certa povertà, sia in fase di song-writing, sia dal punto di vista tecnico; pochi gli assoli e i riffs sanguinosi, o degni di nota, quasi del tutto assenti i cambi di ritmiche. La carenza tecnica è probabilmente la mancanza più sconcertante di tutte, considerando che il buon
Anning (non me ne voglia!) sbandiera ripetutamente, su tutte le proprie pagine social e in tutte le interviste, il suo amore viscerale per il “death metal old school”, affermando di ispirarsi alle bands che hanno reso celebre tale sottogenere!
Invece, le tracce che compongono il disco denunciano una preoccupante inconsistenza poiché, come si diceva, sono ridotte all’osso, basandosi solo sull’aggressività e su distorsioni forzatamente compresse, nient'altro.
La realtà é che, nonostante le dichiarazioni di facciata del proprio leader, il sound dei
Cryptivore non somiglia né al death americano, né tantomeno a quello scandinavo, ma piuttosto sfocia molto spesso nel grindcore più caotico.
Qualche sprazzo di abilità compositiva, compatibilmente a qualche barlume di apertura melodica, si intravede (a stento) nelle linee di chitarra, in
Dripping With Skin o
The Etheral Deceased, ma è davvero troppo poco e comunque, anche in questi episodi, a prevalere è sempre la poca accortezza con cui i pezzi vengono sviluppati. Cosi, i brani risultano inevitabilmente penalizzati ed anziché risultare incisivi, finiscono per essere spiattellati in faccia all’ascoltatore, in maniera estremamente sbrigativa, senza lasciare alcun segno.
In conclusione,
Celestial Extnction si dimostra, come detto, un lavoro molto approssimativo in cui, anche quelle poche buone idee presenti, non vengono mai coltivate a dovere e, alla fine, si ha la sensazione di essere dinnanzi ad un lavoro che, più che acerbo, si potrebbe definire incompiuto, ma soprattutto, molto superficiale.
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