Nei mid-eighties (good times!) i
White Lion per me rappresentavano un caso a se' stante all'interno del metal rama. Infatti non potevano essere catalogati alla stregua di
Ratt o
Motley Crue ma, rinnovando lo stile, potevano essere concretamente gli eredi di
Montrose o
Van Halen, soprattutto per merito dell'irruenza chitarristica di
Bratta, soprattutto in questo primo Lp.
La band Newyorkese fu fondata qualche anno prima di questo debutto (1983) proprio da Bratta e dal singer danese
Mike Tramp che, con la sua presenza fisica, poteva benissimo reggere il confronto con l'istrionico
David Lee Roth, e vi è da annotare che tra gli ospiti al basso troviamo l'ex
Angel Felix Robinson.
La canzone che da titolo all'Lp è di grande suggestione, perché al metal yankee viene affiancato un ritmo ipnotico e cadenzato che all'epoca qualcuno accostò addirittura ai
Black Sabbath di
Heaven and Hell, senza che l'incestuoso connubio potesse far gridare allo scandalo; semmai è proprio il contrario visto che si tratta di una delle più roboanti stesure mid- eighties!
L'album è inaugurato dal potenziale hit single '
Broken Heart' che con il suo romanticismo lascivo può far intuire qualcosa proprio degli Angel per via della celestiale melodia e di suo riff perfettamente heartbreaker. '
Cherokee' è un omaggio alla tribù nativa ancora giocato suo riff inventivo di Bratta ed un refrain perfettamente bilanciato.
'
Where do We Run' possiede un riff da
Fist in Your face mentre '
In The City' è più cadenzata e drammatica con tastiere appena accennate che sembrano accendersi come insegne al neon. '
All The Fallen Man' è tipica di quegli anni dorati e potrebbe richiamare il contemporaneo TKO, ma con un coro poppeggiante e glam che li avvicina ancora una volta ai meravigliosi Angel.
In '
All Burning In Hell' domina ancora una volta un riff vincente e versatile di Bratta ed un refrain che li sintonizza con i
Twisted Sister. '
Kid Of 1000 Faces' è heavy metal puro, stemperato soltanto dalla voce lasciva di Tramp. '
El Salvador' è la canzone più straniante del platter, con inserti latini di chitarra in omaggio al paese, ma è anche un altro pezzo forte dell'album.
Chiude '
The Road To Valhalla' che, come preannuncia il titolo, assieme alla title track, è il pezzo epico dell'album, brano arrangiato anche con il pianoforte.
Replicheranno con il grande e però più omogeneo 'Pride', ma per chi scrive il vero e proprio ruggito del leone bianco rimane questo imbattibile debutto, figlio di un'epoca che ha fatto la storia del genere.