Com'è che diceva il famoso proverbio? Se Mark Boals non va ai Labyrinth, i Labyrinth vanno da Mark Boals...
Il secondo capitolo del progetto
Shining Black ci accoglie esattamente dove ci aveva lasciato il
primo: una intelligente mistura di heavy classico, spruzzate power, la chitarra sempre sopraffina di
Olaf Thorsen a tenere tutto insieme, e la voce inconfondibile di una delle ugole più belle (per chi vi scrive) della scena tutta, ossia il succitato
Mr. Boals.In questo secondo capitolo, però, a differenza del primo, ho trovato una cura migliore per la parte 'melodica' dei brani, che mi sembrano più ispirati, più arrangiati; la cura ulteriore, sommata alla indiscutibile qualità artistica degli Shining Black, crea un dischetto che sa spaziare da momenti quasi AOR a sfuriate più power come "
A Hundred Thousand Shades of Black" (pezzone), in un saliscendi fatto apposta per evidenziare le doti di Mark (come se ce ne fosse bisogno), e la penna intelligente di Olaf, che sa ritagliarsi gli spazi per i suoi inconfondibili solos (come in "
Higher that the World"), ma che sa anche quando rientrare nei ranghi, lasciando alla canzone il tempo ed il modo per respirare ed esprimersi. Ho apprezzato la potenza di "
We are Death Angels", la dolcezza di "
Faded Pictures of me", la cattiveria power/prog di "
Mirror of Time", anche se (e potrebbe sembrare un paradosso), tanta cura per la melodia si perde a volte in ritornelli non indimenticabili (vedasi ad esempio la title track), che penalizzano un pochino un lavoro certosino in fase di arrangiamento. Una ottima produzione ed una copertina accattivante chiudono il cerchio su un album decisamente migliore del suo predecessore, che ha il potenziale per essere suonato dal vivo, e a questo punto non nascondo il pruritino che mi farebbe poter andare a vedere gli
Shining Black su un palco. Chissà...
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