Cosa abbia convinto i tedeschi
Dauþuz dopo un solo anno di distanza a pubblicare una versione riveduta e corretta del precedente full mi rimane ignota.
Forse non erano convinti della produzione o di qualche brano, fatto sta che quest’anno ecco il “reboot” come direbbero quelli fighi; i nostri hanno realizzato un concept album incentrato sulla figura del minatore ponendo una riflessione seria riguardo lo sfruttamento di chi ci lascia la pelle per il proprio lavoro in questi cunicoli scavati nella montagna e l’arricchimento personale senza scrupoli di chi offre manovalanza a questo lavoro così rischioso.
Io un po' conosco bene la situazione, perché nelle mie zone in tempi antichi c’erano le cave e nelle valli bergamasche molti erano minatori per combattere la fame anche assoldando ragazzini insegnandogli a scavare, il ricordo dei loro sacrifici sono conservati nei musei dedicati.
È un lavoro intenso dove il metal estremo di stampo black si innerva di epicità e cori puliti fin dal primo capitolo “
Mein berg”, una cavalcata epica veloce con chitarre serrate e un sapore folk.
Già il folk, qui la materia musicale diviene nervo, scheletro non solo nelle sezioni acustiche come in “
Desperatio”, ma è innestata nel tessuto di tutto il disco.
Gran bella opera di un’intensità emotiva che colpisce, a volte il duo fa anche riferimento all’heavy classico con melodie e riffing di stampo puramente metal.
Per rendere ancora più vivido il quadro sonoro c’è anche l’ospite speciale
Alaun che è il narratore delle vicende legate al concept album; davvero un grande lavoro che verrà apprezzato da molti e che vivamente consiglio anche a chi magari non mastica molto il metal estremo; forse l’unica pecca è il cantato in lingua madre, ma si può sorvolare, io faccio un plauso all’
Amor Fati ed alla band per questa scommessa perché è stata vinta appieno.
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