Non è tanto semplice “spiegare” perché considero “
Level ground” un disco di notevole valore artistico, all’altezza della “storia” dei
Fortune.
Oppure forse è facilissimo, ma per comprenderlo è necessario innanzi tutto essere perdutamente innamorati dell’
hard melodico
yankee, in particolare di quello più avvolgente e vellutato, intriso di calore e di
feeling, un “misterioso” attributo, quest’ultimo, che spesso mal si combina con le frenesie e la diffusa superficialità dei nostri tempi.
Qualora cerchiate produzioni “deflagranti” (anche se obiettivamente si poteva fare qualcosa di più in fase di resa sonora …),
anthems eclatanti o voci stentoree, direi che l’opera in questione non è particolarmente conforme ai vostri gusti, mentre se amate il
rock radiofonico denso e passionale, gli intrecci tra chitarre e tastiere soffuse e tuttavia ficcanti e, soprattutto, linee melodiche accattivanti e impregnate di carica emotiva, non posso far altro che consigliarvi caldamente il terzo
studio-album di questi invero non molto “fortunati” veterani dell’
AOR americano, capaci di esaltare i tipici suoni
adulti ottantiani senza inseguire diversioni “moderniste” o particolari variazioni stilistiche.
Insomma, l’albo è un ottimo modo per immergersi in quarantasette minuti di pura “nostalgia” sonora, espressa però con un’intensità, un’autenticità e una qualità ispirativa che raramente è rintracciabile nei numerosi tentativi “d’imitazione” disseminati nella scena attuale.
Alimentato da un calibrato miscuglio di esperienza, cultura e
pathos il programma offre dieci splendidi frammenti sonici pieni di
charme e lirismo, in sostanza privi di evidenti
debacle.
E allora, senza dilungarsi troppo nelle descrizioni delle singole canzoni, decido per una volta di suggerire al potenziale acquirente, immaginandolo oberato e “frastornato” dalle innumerevoli sollecitazioni del mondo della musica attuale, di dedicare trecentonove secondi del suo prezioso tempo all’ascolto concentrato di "
I should have known you'd be trouble” … qualora il clima felpato, puntellato dai tasti d’avorio e sostenuto dalla laringe pastosa di
Greene non “smuova” qualcosa d’importante nei suoi gangli sensoriali, probabilmente “
Level ground” non è adatto al suo palato.
Rammaricandomi di tale (per me) incomprensibile “sciagura”, non mi rimane che complimentarmi con chi invece ha individuato nel brano un’analoga qualità “emozionale” rilevabile nel
songbook di gente come Survivor, Giuffria, Foreigner e Asia e di conseguenza sta già proseguendo nell’esplorazione di una scaletta che garantisce medesime sensazioni per tutta la sua durata e che conferma i
Fortune tra le personalità di spicco del ricco
gotha contemporaneo di settore.
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