Il secondo album dei veronesi
Galaverna impressiona per la maturità di una proposta a cavallo tra il rock progressivo italiano degli anni ‘70 e il più recente progressive folk nordeuropeo (penso in particolare ai
Jordsjø e, in alcuni frangenti, ai
Wobbler).
Se
“Under The Seas” rievoca il cantautorato più bucolico con il violino e le chitarre acustiche in evidenza, le successive
“Wagdans” e
“Ganymede” presentano tratti progressivi più marcati, con tanto di convincenti quanto inaspettate concessioni elettriche.
“The Loss Of The Sun” crea un ponte ideale tra Regno Unito e Stati Uniti (un po’ Genesis e un po’
Kansas, per intenderci), mentre
“The Darkest Reign” è sinistra alla maniera di Nick Drake, con un retrogusto flamenco dovuto al chitarrismo nervoso di
Davide Corlevich.
Chiude il cerchio
“Metempsychosis”, ipnotica, minimale e sussurrata, a ricordarci una volta di più che dalle nostre parti - almeno sul fronte musicale - non abbiamo proprio niente da invidiare a nessuno.
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