Introdotto da un titolo che irradia bagliori di puro ottimismo, il nuovo
full length dei
Mantar suona esattamente come mi sarei aspettato alla vigilia.
Non che il sottoscritto sia un fenomeno delle previsioni -anzi, semmai l’esatto contrario-; piuttosto, la traiettoria artistica del combo teutonico poteva essere calcolata con discreta precisione anche solo soffermandosi sulla progressione discografica, sia in termini qualitativi che di sonorità.
Così, dopo il convincente e fortunato “
The Modern Art of Setting Ablaze”, che in sede di recensione inquadravo alla stregua di “un
metal grezzo, compatto, oltremodo schietto in termini di
songwriting, arrangiamenti e durata media dei brani” in cui “
black,
doom,
sludge,
punk, proto
death ed un certo gusto melodico incline alla
wave si fondono in un
unicum sonoro non privo di
groove”, tocca a “
Pain is Forever and This is the End” confermare coordinate e affidabilità del duo.
Mi rendo conto di quanto autoreferenziale possa risultare questa recensione, ma di fatto, per il disco oggi in esame, calza alla perfezione quanto già osservato in occasione del precedente: “la proposta dei Nostri si è fatta ancor più accattivante, più fruibile, senza però snaturarsi o smarrire la crudezza abrasiva degli esordi”.
Ecco, trovo che proprio questo sia l’angolo prospettico più corretto dal quale inquadrare la nuova fatica dei
Mantar: un ulteriore passo avanti in quella direzione, con maggior cura riservata a melodie, strutture, arrangiamenti e dettagli (addirittura compaiono qua e là alcune linee vocali in
clean, se non erro una novità assoluta).
Il termine “fatica”, peraltro, non è stato affatto scelto a caso, posto che lo stesso
Hanno ha avuto modo, in sede di intervista, di evidenziare quanto faticoso e frustrante sia stato il processo di realizzazione, tanto da flirtare in più di un’occasione con l’idea di sciogliere la
band.
Non v’è dubbio che tale carico di afflizione si sia riverberato nei brani e nelle
lyrics di “
Pain is Forever and This is the End”, che pur rivendicando una maggior (seppur relativa) morbidezza sonora rispetto al passato, mette comunque sul piatto una dose ragguardevole di negatività e nichilismo.
Evolvere senza snaturarsi, perdipiù mantenendo costanti i propri standard compositivi: un’impresa quantomai complessa, che tuttavia viene ancora una volta portata a termine.
Possiamo solo auspicare che i Nostri sappiano quando fermarsi, evitando così di sacrificare l’elemento abrasivo e contundente del loro
sound sull’altare dell’accessibilità.
Personalmente ritengo i
Mantar compagine troppo preparata e onesta per inciampare su una simile buccia di banana; speriamo quindi che il titolo, oltre che pessimista, non si riveli anche profetico…
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