Ho accettato la "sfida" di recensire finalmente un disco di Progressive, genere abbastanza distante dai canoni metal che amo, e per di più di una storica band italiana.
Formatisi a fine degli anni ‘80 i
Dark Ages sono indubbiamente tra i gruppi porta-bandiera del genere progressive tricolore e ‘
Between Us’ è l’ultimo prodotto.
Diciamo subito che l’album è un concept nato, come dichiarato dalla stessa band, "
dall’esigenza di raccontare l’esperienza di crescita dell’essere umano e di mostrare come l’individuo messo di fronte a situazioni estreme sia in grado di affrontare a viso aperto le proprie paure".
Musicalmente, il prodotto è molto ben suonato e prodotto e soprattutto presenta una eterogeneità del songwriting che snellisce di parecchio l'ascolto di brani mediamente lunghi e complessi.
E' come se i Nostri avessero dato libero sfogo alla loro creatività senza porsi limiti o barriere e le canzoni fruiscono in modo piacevole tra sprazzi di Dream Theater ( per il gusto melodico di fondo e i chorus spesso orecchiabili), Goblin ( per l'uso del piano e delle keyboards) e Voivod ( per le linee sincopate delle chitarre, non per
l'urto metallico che è un pò latente nel complesso ), si prediligono infatti le linee melodiche alle cavalcate metal in quanto tali anche se non mancano riff aggressivi come nell'opener "
Prisitine Eyes" ma questo non va considerato come nota di demerito, semplicemente è una precisa direzione stilistica decisa dal gruppo.
Ritmiche suadenti e un pò sognanti alla Jethro Tull spuntano ogni tanto ad arricchire la proposta musicale ("
Our Lonely Shelter" , "
The Great Escape"), proposta che si caratterizza sopratutto per gli intrecci tra le chitarre e le tastiere che si rincorrono nelle scale musicali, molto buona anche l'interpretazione teatrale di Roberto Roverselli mentre la sezione ritmica è precisa nel cambiare ritmiche non perdendo neanche un colpo. Grande ruolo giocano le tastiere di Angela Busato nel creare atmosfere di ampio respiro all'unisono con le chitarre di un ispiratissimo Simone Calciolari, si senta il lungo intro di "
Riddle From the Stars" ad esempio.
Come accennavo, pur nella sua complessità di fondo - peraltro tipica di tutti i prodotti progressive - "
Between Us" riesce ad essere fruibile lungo tutta la sua durata e merita diversi ascolti per scoprire alcune sfumature nei suoni e nelle orchestrazioni che danno quel tocco in più.
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