È il mio primo approccio agli
Ugij, collettivo strumentale a cavallo tra fusion e world music che ha nelle tastiere di
Edoardo Maggioni il principale motivo di interesse.
L’introduttiva
“Ehiku” scomoda Popol Vuh e Third Ear Band prima di sfociare in un jazz molto più moderno che mi ha ricordato il trio di Esbjörn Svensson con un chitarrista aggiunto. Il feeling di
“Mea E Pau” è quasi funky, impreziosito dal pianismo sempre interessante di
Maggioni, e fa il paio con la successiva
“Odota”, episodio lirico ed enigmatico - il primo del lotto con tanto di orchestra - dalle tinte trip-hop e drum'n'bass.
“Pokemon Shock” è heavy e progressiva, e anticipa
“Pohjoinen”, traccia dal respiro sinfonico ma sospesa, sinistra, mahleriana, in un crescendo costante che culmina nell’impressionante assolo di synth del finale.
Non ci si annoia mai, nemmeno nella successiva
“Tano” (con il guest
Fabrizio Bosso alla tromba), dal sound americaneggiante che attinge parimenti da lounge music e chill out, con melodie spigolose e ammiccanti allo stesso tempo. La chitarra di
Marco Leo è protagonista nella solare
“Yugen”, e “duella” un’ultima volta con le tastiere di
Maggioni, che dominano anche la conclusiva
“Gnawa”, riuscita prova corale che condensa in cinque minuti tutto il potenziale della formazione nostrana.
In alcuni momenti verrebbe da pensare “troppe note”, ma nel complesso davvero niente male.
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