Paludi e mangrovie, alligatori e sawgrass, clima subtropicale da Everglades e mistica Bayou, se riuscite ad immaginare senza fatica l'opprimente umidità del delta del Mississippi e l'etica solitaria ed intimista del sud della Florida, siete predisposti all'ascolto di questo sorprendente album degli
Smoke.
Una band della parte meridionale degli Stati Uniti, dunque? Della zona meridionale, certo, ma dei Paesi Bassi. Questo trio olandese si colloca in località sconosciute ai più, come Bergen op Zoom e Roosendaal (provincia del Brabante), ma la sua attitudine è integralmente rivolta ed ispirata alla scenografia del continente americano descritta precedentemente. Perfino le fotografie che accompagnano questa uscita discografica sembrano scattate sulla riva di uno dei tanti bayous (derivato dalla lingua Choctaw, che significa "sinuosità","tortuosità") della Louisiana, immortalando tre ruvidi cajun amanti della natura impervia e dal totale disconoscimento di ogni tendenza culturale mainstream.
Lo stile che propongono nel debutto "
The mighty delta of time" è assolutamente coerente con l'apparato estetico descritto: swamp-rock, delta-blues, post-psichedelia. Un lavoro decisamente fuori dai soliti schemi abituali, ma proprio per questo di particolare fascino ed interesse.
Per schiarirsi le idee su questa band, è sufficiente l'ascolto della splendida e trascinante "
Lineage". Un brano che fa pensare ad un George Thorogood fatto da bestia, che si mette a reinterpretare le sue canzoni in maniera vagamente desert-rock. Blues fangoso e dinamicità stoner, connubio decisamente fresco e ammirevole. Brillano il chitarrone fuzzato e pungente di
Kaj Arne Philipse, il basso profondo di
Martin Raanhuis e l'intensa voce pacata, nostalgica, del drummer
Roan de Neve, ma soprattutto sembra di essere catapultati in una landa struggente e isolata tra zanzare, caimani e procioni. Brano energico ed evocativo.
Con la successiva "
Bereft" emerge l'anima più meditativa e romantica degli
Smoke: una ballatona nostalgica ed ombrosa, piena di richiami malinconici ed atmosfera nebbiosa molto post-rock. Canzone dai toni morbidi e soffusi, che si impenna nel ritornello potente alla maniera di Baroness o Intronaut. Dettagli molto curati, compreso il limpido solismo sofficemente psichedelico. Un mood panoramico e notturno che cresce e conquista ad ogni ascolto.
Sinceramente sono sufficienti questi due episodi per intuire che il trio ha tutte le carte in regola per emergere, pur con le proprie particolari caratteristiche.
Qualche calo di tensione è presente, ad esempio "
Riverbed" si rivela un impalpabile cameo dark-folk dai toni volutamente depressivi, così come "
Motion" mostra l'andamento ciondolante ed ultra-bluesy di un pezzo del primo Neil Joung o di Joe Walsh mischiato all'atmosfera narcotica dei Masters of Reality, ma pur esteticamente ineccepibile è un pò scevro di mordente.
Il disco si risolleva alla grande con i due lunghi brani finali: "
Time" e "
Umoya". Venti minuti (in effetti possono essere visti come una unica estesa suite) davvero caleidoscopici e gravidi di umori e stimoli musicali ed emozionali. Estese parti rarefatte ed intimiste si alternano ad incursioni nella psichedelia liturgica Earhtless-iana, emerge una coloritura doomy con inflessioni stordenti e drogate sul genere Dead Meadow. Lo spirito jammistico è palesemente evidente, ma gli "orange" non perdono mai il filo del discorso e si rivelano formazione matura e ben preparata. C'è un vago retrogusto Floydiano (fatto frequente in questo ambito stilistico) ma altrettanto una dinamica ritualistica riconducibile al post-rock più dilatato. Andamento cosmico, cullante, scenografico, che rilassa, appaga e placa le tensioni. Tutto ben strutturato ed eseguito, ottimo risultato.
Questo è un lavoro destinato agli amanti della psichedelia più raffinata, onirica, di ampissimo respiro, ad anni luce di distanza dai fragori metropolitani. Una musica che non manca di energia e tensione, ma predilige nettamente le tonalità suadenti e avvolgenti. Il sound degli
Smoke punta più al cuore ed all'immaginazione che non ai visceri, ma lo fa con grande eleganza e passione per gli orizzonti infiniti. Promossi al debutto.
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