Precisiamo subito che questi
Sideburn non sono la stoner band svedese di "Trying to burn the sun" o "Evil or divine" e neppure la formazione metal bretone che porta lo stesso nome (oggi c'è inflazione anche sui moniker dei gruppi...). Si tratta invece di veterani svizzeri (Losanna), attivi fin dal lontano 1985 e dediti ad un classico hard rock che trae la propria ispirazione dagli immortali AC/DC e dai conterranei Krokus (specie nel loro primo periodo), con una spolverata di Aerosmith e ZZTop.
Una impostazione decisamente americana, molto semplice ed immediata, che coniuga l'energia più epidermica con un classico immaginario di donne, sesso, alcool e motori rombanti. Riff volumetrici, ritmiche quadrate, ritornelli anthemici ed assoli al fulmicotone, la ricetta degli elvetici è quanto di più classico si può ottenere in ambito rock.
Il presente "
Fired up" è l'ottavo album della loro pluridecennale carriera, un tradizionale esempio di high-energy rock ben suonato e interpretato, pur se non propriamente originale. L'attacco di "
Feel the heat" mostra il tiro grintoso che possono produrre rockers esperti e navigati, un buon pezzo svelto e deciso che si porta dietro l'eco di un Ted Nugent dei bei tempi. Struttura rocciosa, onesta attitudine e tempistiche collaudate.
In scaletta troviamo altri esempi canonici di hard classico anni 70-80, come le dinamiche ed accellerate "
Free ride" e "
Restless call" (altro rock'n'roll macho Nugentiano) che oltre al passo tosto da "street rebel" includono ritornelli molto catchy e memorizzabili. C'è anche qualche episodio che evoca il southern-bluesy in versione hard, vedi il timbro leggermente più cupo dell'ottima "
Sweet obsession" o la decisa virata verso lo swamp sudista di "
Bad side of town", arricchita dall'armonica del vocalist
Roland Pierrehumbert.
In alcuni momenti l'ombra dei colossi australiani diventa quasi imbarazzante, ad esempio titoli come "
Standing in the headlines" o "
Die a million times" sembrano clonati da un qualsiasi album di Angus Young e soci, mentre il singolo "
Heading down the road 69" evidenzia quel piacevole mood da radio rock che rimanda inesorabilmente agli Aerosmith. Canzoni che scivolano via senza intoppi, gradevoli e canticchiabili, ma risulta palese che ci troviamo di fronte ad una band di buoni mestieranti-emulatori che si appoggiano completamente alle loro fonti di influenza musicale.
In sintesi questo è un lavoro gradevole, dalla giusta atmosfera street-rock, ben suonato e con qualche spunto di qualità medio-alta. Però che sia gravato da una cappa derivativa e da un retrogusto di già sentito, è un fatto chiaro ed indiscutibile. Se siete die-hard fans dei primi AC/DC e degli altri storici nomi citati, può risultare comunque un ascolto gratificante.
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?