Bisogna dire che rispetto al precedente album datato 2018, ci sono stati dei cambiamenti in casa degli americani.
In primis sono diventati un trio, perdendo per strada il chitarrista
Dan Gargiulo e secondo, questo ritorno non ha al suo interno quelle influenze thrashy che sono marchio di fabbrica della formazione guidata da
David Davidson.
C’è da aggiungere che forse complice la pandemia e tutto il resto, il mood di questa ottava fatica è più pessimista e maligno ma non per questo privo di melodia, tutt’altro, ad impreziosire la formula ci pensano due ospiti speciali come il compianto
Trevor Strnad dei
The Black Dahlia Murder e
George “Corpsegrinder” Fisher dei
Cannibal Corpse.
Si parte col botto con l’opener, riffing che più brutali non ci sono, blast beats e tanta sana violenza senza compromessi con la voce graffiante di
Davidson che passa abilmente da toni urlati ad un growl comprensibile.
All’interno cambi di tempo precisi, serrati con assoli virtuosi che spezzano il clima morboso.
Uno dei miei brani preferiti del lotto è questo; “
Nihilistic violence” al contrario del titolo non è violenza cieca ma dosata a dovere per colpire duro; un muro sonoro che parte piano con un mid tempo scurissimo ma che poi quando accellera son dolori.
“
Gallery of morbid artistry” parte con un arpeggio inquietante per poi emergere la parete sonora di riff compressi e di alta scuola death metal; brano che rende bene la prestanza tecnica del terzetto che tra saliscendi, rullate e colpi ben assestati non stufano ma tengono sempre a mente il filo del tutto.
All’interno ecco che c’è un cambio di atmosfere, un arpeggio quasi prog che potrebbe richiamare gli
Opeth dei bei tempi diventa un’armonizzazione esplosiva in mid tempo con gran scambi ritmici.
La strumentale "
The 9th chasm" è densa, piena di break, riffing spezzati; basso nervoso che si fa largo tra trame di riff uniti alla batteria che non eccede ma che sa con perizia contribuire, assoli pazzeschi di marca fusion per poi librarsi con melodie ampie.
Veniamo ora alla chiusa con un bel rullare intenso e poi giù come se piovesse col blast beat e riff tremolanti di scuola maligna; gli interventi speciali si sentono eccome e duettano perfettamente con il frontman;
Giorgione è il solito orco ed è riconoscibile lontano un miglio in questo pezzo dai cambi di tempo fluidi e potenti.
Ragazzi miei, ecco cosa vuol dire distinguersi dalla massa, gli statunitensi sanno bene come coniugare brutalità a melodia in una formula vincente, prosit!
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