Ok, questa recensione di “
Enigmatic” esce con un certo (censurabile) ritardo rispetto all’uscita del disco, tuttavia non potevo proprio lasciarmi sfuggire l’occasione di esprimere il mio (umile) parere sui
Gathering Of Kings, l’ennesima dimostrazione che un gruppo nato come un “progetto” (da un’idea di
Ron e
Nina Dahlgren), infarcito di musicisti e cantanti prestigiosi, può esibire una notevole validità artistica se a pilotarla c’è un
mix di talento, disponibilità, cultura e sensibilità espressiva.
La penna (e la produzione) di
Victor Olsson e un’arguta selezione di voci e strumenti trovano infatti un’esaltante sublimazione nelle fibre di un
hard-rock di tipica estrazione scandinava, in cui convivono felicemente melodia, vigore ed enfasi, il tutto arricchito da ammalianti stratificazioni di tastiere.
Niente di “nuovo” per chi ama Europe, Treat, Glory, The Night Flight Orchestra e Saffire, ovviamente, semmai la conferma che si possono edificare canzoni tremendamente adescanti sfruttando con intelligenza tutti i dogmi del genere.
Ciò detto, “
Enigmatic” non ha l’impatto devastante di "
First mission" (che sfruttava anche la “sorpresa” del debutto) ma non sconta nemmeno il pizzico di “stanchezza” che caratterizza il secondo "
Discovery", ritrovando per buona parte del programma una vitalità che lo mette al riparo dal temibile rischio dell’eccessivo formalismo.
Come sempre in questi casi la “carne al fuoco” è tanta e la presenza di
vocalist diversi poteva creare un fastidioso effetto
playlist e invece ancora una volta, analogamente alle migliori prestazioni dei precedenti analoghi a cui i
Gathering Of Kings s’ispirano dal punto di vista concettuale (Phenomena e Avantasia), il risultato è piacevolmente eterogeneo, alternando con sapienza gran parte delle sfumature stilistiche del settore.
Insomma, nei solchi dell’albo troveranno conforto sia i sostenitori dei tracciati sonori più istantanei e “ruffiani” (“
Vagabond rise”, "
Here be dragons”, “
Firefly”, “
The prophecy”, “
Fool's cabaret”) e sia gli estimatori delle atmosfere maggiormente evocative (“
How the mighty have fallen”, una “roba” che piacerà in particolare ai
fans di
Tobias Sammet), senza dimenticare di assecondare pure le necessità passionali dei
rockofili (la bella
ballad "
A rainbow and a star”), i quali dopo tale livello di soddisfazione sono convinto saranno in grado di “sopportare” agevolmente il fatto che il resto della scaletta ostenti qualche sporadico calo di tensione emotiva.
L’ultima citazione va fatalmente spesa per “
Feed you my love”, dove la partecipazione della
pop-band One More Time (le cantanti
Nanne Grönvall e
Maria Rådsten, e il tastierista
Peter Grönvall, nientemeno che il figlio di
Benny Andersson degli Abba) aggiunge ulteriore varietà e ariosità “radiofonica” ad un disco che si ascolta nella sua interezza con notevole appagamento e che (ri)avvicina “pericolosamente” i
Gathering Of Kings ai vertici della scena di riferimento.
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