Womack - III - Songs of downfall & deliverance

Copertina 6,5

Info

Anno di uscita:2022
Durata:47 min.
Etichetta:Inverse Records

Tracklist

  1. BACK ON THE HOOCH
  2. TAKE OUT MY EYES
  3. DRAG DIRECTION
  4. MARK IT ZERO
  5. HERE COME THE GRAYS
  6. SAVIOR SUIT
  7. SPITTIN' TEETH
  8. WE SEE BETTER WITH THE LIGHTS OUT
  9. SHINY BONES
  10. TWENTY-ONE

Line up

  • Henrik Haarlo: vocals
  • Janne Hartikainen: guitar
  • Albert Myllykangas: bass
  • Jani Blomerus: drums

Voto medio utenti

Terzo album in studio per i finlandesi Womack, residenti nella piccola cittadina di Forssa. Il loro stile è sostanzialmente un hard rock tradizionale, molto tosto ed energico, con qualche incursione verso lo scandi-stoner contemporaneo. Un tiro costantemente pulsante alimenta tutti i brani del lavoro, che alterna episodi più rocciosi e adrenalinici con altri dal maggiore respiro catchy.
L'opener "Back on the hooch" mostra subito un bel cipiglio roccioso e potente, che mi ha ricordato gente come Dozer o Greenleaf, mentre la seguente "Take out my eyes" vanta un'indole cadenzata e battente anch'essa piuttosto vicina alla scuola nordica dello stoner-rock.
Con "Drag direction" si svolta verso il rock seventies Purpleiano nella sua accezione melodica, un pezzo orecchiabile e fluido (vagamente Spiritual Beggars) con arrangiamento di hammond in sottofondo. Buon groove, grinta onesta, anche se in alcuni frangenti la voce di Henrik Haarlo sembra perdere un pò di mordente.
Proseguendo nell'ascolto si nota qualche calo di tensione ("Mark it zero", "Here come the grays"). Non si tratta di brutte canzoni, però con retrogusto di routine hard rock. L'andamento street-dirty è corretto, le vocals piacevoli ed orecchiabili, i passaggi strumentali di discreto livello, ma manca il guizzo vincente ed il surplus di personalità riconoscibile. A mio avviso i Womack rendono al massimo quando riescono a flettere i muscoli e adottare un atteggiamento più combattivo e ribelle, vedi la cupa e sinistra "Spittin' teeth", l'ultra-groovy "Shiny bones" o il tradizionale rockettone "Twenty-one" (non particolarmente originale ma di sufficiente carica per i live), mentre perdono colpi quando si ispirano alla visione maggiormente radio-oriented dell'hard ("We see better with the lights out") che riesce decisamente meglio a formazioni del genere Mustash.

Una band discreta, una performance dignitosa pur se non memorabile. Va riconosciuta ai Womack una limpida onestà rock, la loro venatura epidermica, una robusta compattezza d'insieme, quello che può ulteriormente migliorare è lo sviluppo del songwriting. Disco consigliato ai rockers ortodossi in cerca di nomi nuovi da aggiungere alla loro collezione.

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