No. Non me lo aspettavo.
Con i
Leatherwolf non era mai schioccata la fatidica scintilla, certo... veterani (in attività sin dai primi anni '80), il Triple Axe Attack, l'US Metal, l'ottimo "Street Ready", era davvero tanta roba, eppure credo che l'eccessivo turnover di componenti e una produzione musicale claudicante, più per la mancata continuità che per il livello qualitativo, avessero creato un certo distacco tra la formazione statunitense ed il sottoscritto.
Con questi presupposti mi ero avvicinato senza troppe aspettative e con qualche cautela a "
Kill the Hunted", anche perché avevo letto che
Dean Roberts - ormai l'unico superstite della formazione originale - aveva già iniziato a lavorarci addirittura nel 2008, dopo l'uscita di "World Asylum" (2006), realizzato in una versione con alla voce Wade Black e successivamente con quella che vedeva il ritorno di Michael Olivieri ("New World Asylum", '07). Non deve essere stato un periodo facile, anche per qualche polemica con alcuni ex membri, e con un primo singolo, "The Henchmen", uscito già nel 2019, per giungere solo tre anni dopo alla pubblicazione di "
Kill the Hunted", quinto album a più di quarant'anni dalla nascita della band. Una vera corsa agli ostacoli, ma quando i
Leatherwolf giungono al traguardo lo fanno da vincitori.
Su "
Kill the Hunted" non ci saranno più le tre chitarre storiche, ma la coppia
Math/Man ha dimostrato di sapersela cavarsela da sola,
Joel Hoekstra (Whitesnake, Trans-Siberian Orchestra) fa comunque un'ospitata su "The Henchman", e ad ogni modo dal vivo i chitarristi torneranno tre, grazie al contributo di
Wayne Findlay (MSG, Vinnie Moore) che sull'album ha anche suonato le tastiere in un paio di brani.
A
Roberts va riconosciuta non solo la forza di volontà nel voler portare avanti la band, ma anche l'ottimo lavoro svolto alla batteria, per potenza e versatilità, e già che sono in vena di complimenti, una buona dose spetta pure al nuovo cantante (dai Ninja Gandhi, Melodic Death band californiana)
Keith Adamiak, con una timbrica ruvida e dalle molteplici sfumature, nemmeno troppo distante da quella di Olivieri, e devo convenire che fa un ottimo lavoro ed in grado di reggere il confronto con il passato.
Giusto, il passato.
"
Hit the Dirt" con un colpo di spugna cancella tutti gli anni d'attesa, e ancora meglio fanno le successive "
Nobody" (la mia preferita e credo il brano dove
Roberts dà il meglio di sé) e "
Kill the Hunted", un terzetto di brani energici e con le stigmate dei
Leatherwolf. "
Only the Wicked" ha poi un passo rallentato ed un mood sommesso con barlumi di Arena Rock, soprattutto a livello di chorus, ma è anche la canzone in cui si può apprezzare compiutamente la prova dei due chitarristi. Le seguenti "
Madhouse", "
Medusa" e "
The Henchman" (pur nel suo inizio quasi da power ballad), riattaccano ad alte velocità e vedono i
Leatherwolf lanciati alla ricerca del giusto equilibrio tra melodia, tecnica esecutiva e aggressività, cui ha sicuramente dato un importante contributo nel produrre il disco, l'esperto
Randy Burns (Megadeth, Kreator, Death...).
Se "
(Evil) Empires Fall" e "L
ights out Again" sono un paio di episodi più strutturati e articolati, la loro controparte è invece rappresentata dalle serrate e ringhiate al limite del Thrash "
Road Rage" e "
Enslaved", ma quale sia la strada intrapresa, è evidente come i
Leatherwolf mantengano saldo il legame con gli anni '80 e con la loro storia.
A sorpresa, con "
Kill the Hunted" mi sono imbattuto in uno dei più bei dischi dell'anno.
Metal.it
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