Dopo un paio di demo e un EP uscito a inizio anno, i Green King, provenienti da Helsinki, riescono finalmente, al termine di questo 2022, tramite la svedese The Sign Records, a dare alla luce il loro vero e proprio debut album intitolato Hidden Beyond Time.
La band è composta da quattro ragazzi (Eliel Salomaa alla voce e alla chitarra, Lauri Lyytinen all’altra chitarra, Heikki Nyman al basso e Otto Bigler alla batteria) la cui stravaganza, già palese dal bizzarro monicker scelto per il gruppo, oltre che palpabile da alcune foto che girano sul web e che ritraggono i musicisti in atteggiamenti non proprio da "metallari nordici”, si riflette anche nell’approccio musicale dei Nostri.
Il sound dei finlandesi infatti è, di base, un corposo heavy metal, di stampo anglosassone, quindi fortemente debitore della NWOBHM, che però, a seconda dell’occasione, assume connotazioni sempre diverse: si va dall’hard rock settantiano, al doom, allo speed, con qualche spruzzata di stoner, generando uno stile incisivo e diretto che tutto sommato, alla lunga, finisce per convincere.
Certamente, vi sono alcune tracce che inevitabilmente prevalgono; su tutte, la trascinante Steel On Ice, con i suoi richiami ai Maiden dell’ “era Di Anno”, oppure Where Speedian Dwells, col suo intercedere dal fortissimo sapore Mötörhead, o ancora la conclusiva Lifetakers che, con i suoi quasi 9 minuti, rappresenta il brano più lungo ed articolato del disco.
L’intero lavoro è imperniato su una struttura musicale assolutamente robusta, grazie ad una sezione ritmica massiccia, alla voce abrasiva del frontman e a delle chitarre taglienti quanto basta, sempre pronte a graffiare, conferendo la giusta dose di energia ai pezzi mentre, dove i Green King potrebbero sensibilmente migliorare invece, è nella cura delle linee melodiche, che talvolta (come in occasione delle iniziali Gates Of Annihilation o Godkiller) mettono in mostra una band probabilmente ancora un pò grezza, ma che indubbiamente, ha del potenziale.
Hidden Beyond Time quindi, nonostante gli inevitabili limiti derivanti dall’inesperienza della band, si rivela un disco assolutamente gradevole, dal sapore palesemente "retrò", tuttavia mai veramente nostalgico, grazie alle capacità dei musicisti di mantenere sempre alta la tensione, combinando abilmente i diversi elementi del proprio stile compositivo.
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