Il duo americano dei
Sarcoptes, in occasione del suo secondo album di lunga durata, decide di creare una sorta di concept che, partendo dalla Prima Guerra Mondiale ed arrivando alla guerra in Vietnam, descrive una serie di tragedie che hanno segnato, in negativo, la storia della nostra "civiltà".
Il concept, interessante e non banale, viene accompagnato da una proposta musicale
abrasiva che si caratterizza dall'unione di abbondati dosi di techno thrash e black metal, in una mistura esaltata da maestosi spunti epici, sublimati e resi efficaci, dall'uso mirato ed intelligente di tastiere mai troppo invadenti e, per questo, essenziali alla riuscita dei brani del lavoro.
"Prayers To Oblivion", con la sua alternanza di velocità e micidiali up tempos, ci presenta una band tecnicamente molto preparata, in grado di muoversi agevolmente tra le intricate spirali del suo suono, passando da un genere all'altro in modo decisamente naturale e, soprattutto, convincente poiché, nonostante la lunghezza dei brani, l'ascolto non risulta mai noioso ed ogni dettaglio dell'album, ascolto dopo ascolto, diviene sempre più evidente fornendoci una visione di insieme davvero ricca, ispirata, urticante come i tentacoli di una medusa, brutale come le vicende narrate, ma anche, inaspettatamente, melodica nei momenti maggiormente riflessivi e nei solos di chitarra che ci portano indietro ai tempi d'oro del thrash metal.
I
Sarcoptes fondono, dunque, vecchio e nuovo, e risultano moderni, compatti, dannatamente aggressivi e ricchi di idee che rendono questo album affascinante, sia che si ami il freddo del metallo nero, sia che si amino le traiettorie del thrash assassino dei migliori gruppi del genere, un album, vale la pena sottolinearlo, intelligente e da ascoltare più e più volte per farsi spazzare via dalla sua velocità, dal suo afflato epico, dal suo riffing tagliente e dal suo essere quasi "alieno" per la matematica precisione del suo storytelling.
Il 2023 si apre decisamente in modo interessante.
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