Quinto album per i tedeschi
Ahab, protagonisti indiscussi del "
nautik doom" (non foss'altro per la motivazione che questa definizione è stata coniata direttamente da loro), che ben dopo otti anni di assenza tornano ancora una volta su Napalm Records sul mercato discografico dopo la sterzata stilistica del precedente "
The Boats of the Glen Carrig", album che aveva in qualche modo preso le distanze dall'apocalittico funeral doom dei primi due album e dal magniloquente "
The Giant", consegnando la musica degli Ahab non diciamo ad una certa "commercializzazione" dato che i brani girano comunque spesso e volentieri intorno ed oltre i dieci minuti di durata ma in ogni caso ad un ammorbidimento rispetto a quanto proposto ad inizio carriera: vuoi per un uso decisamente maggiore di melodie più accattivanti (e per onestà davvero belle ed epicheggianti), vuoi per un utilizzo sempre più intenso di clean vocals da parte del leader
Daniel Droste, e su questo aspetto siamo lieti del fatto che siano benchè ammalianti un po' "sgraziate", rendendo la proposta meno patinata di quanto potrebbe essere, album come "
The Coral Tombs" sono indubbiamente meno ostici rispetto a quel capolavoro totale che risponde al nome di "
The Call of the Wretched Sea" ed in misura lievemente minore al successivo "
The Divinity of Oceans".
Detto questo, ché il valore di un album non è certamente rappresentato dal suo essere impermeabile, "The Coral Tombs" appare nonostante la lunga distanza temporale la perfetta e naturale prosecuzione di "The Boats of the Glen Carrig", riprendendone stilemi, direzione e per fortuna anche qualità. Ispirato al celebre "
Ventimila leghe sotto i mari" di Jules Verne, gli Ahab anche in questa occasione colpiscono nel segno, essendo protagonisti di una delle qualità più importanti quando si scrive musica, ovvero quella di far immedesimare l'ascoltatore nelle atmosfere e nel viaggio che la band sta descrivendo, letteramente scagliandoci in un "trip" intenso e profondo, che ascolto dopo ascolto ci conquista sempre più, consegnandoci un altro episodio della loro discografia assolutamente convincente ed ottimamente realizzato.
Completano il tutto la splendida copertina del fido
Sebastian Jerke, la produzione assolutamente (per fortuna) distante dallo status medio dei compagni di etichetta e le partecipazioni di
Chris Noir dei black metallers loro connazionali
Ultha e
Greg Chandler degli storici
Esoteric.
Su tutte da segnalare la splendida "
The Sea as a Desert" ma è tutto il disco, anzi, è tutta la carriera degli Ahab che in una direzione o nell'altra si segnala per la bontà e l'estrema sincerità della proposta: ancora una volta obbligatorio l'ascolto per tutti gli amanti del doom in ogni sua forma.