Tempo di debut album anche per gli australiani Ashen, death metal band australiana che dopo un iniziale, e sopratutto ottimo, EP uscito nell'estate del 2021, arriva sempre sotto l'ala della Bitter Loss Records ad incidere il primo full length della propria carriera, intitolato 'Ritual Of Ash'. Le coordinate del quartetto si muovono su un death non esattamente canonico, a volte diretto e senza tanti fronzoli, mentre in altre riesce a fondere abbastanza bene momenti quasi doom con un incedere non eccessivamente lento, ma comunque pesante, come se ciò che stessimo sentendo fosse una vera e propria discesa agli inferi, ed effetti se guardiamo alla copertina un qualcosa di infernale c'è.


[Foto fornita nel Comunicato Stampa]

Diversi momenti che si amalgano relativamente bene dunque, ma nei quali non c'è purtroppo mai un momento dove scatti la cosiddetta scintilla, dove c'è troppo frequentemente un senso di già sentito, e con l'eccezione di 'Cursed Rebirth', tutto ciò che resta del disco è un'ottima prova della band con un grande, gigantesco errore. Ripere tutto secondo una formula standardizzata, e vi sfido a trovare delle differenze sentendo pezzi come 'Harbinger' e la succesiva 'Threshold', che si differenziano davvero nei dettagli, che però non sono abbastanza per giustificare il tutto. Si va leggermente meglio nella parte finale del disco, con 'Inhuman' che, ad esempio, inizia con un riff Candlemass style, ma che perde poi andandosi ad ingrovigliare nel solito circolo vizioso già sentito in precedenza. Sugli scudi va invece posta la prova dietro il microfono di Richard Clements, con un growl davvero eccellente e che risulta un po' sprecato in contenti come questo.

'Ritual Of Ash' potrebbe esser definito come ciò che agli insegnanti piace spesso dire ai genitori quando non hanno particolari argomentazioni verso il figlio dalle buone competenze: 'è intelligente ma non si applica'.