Dopo due anni ecco tornare il manipolo britannico con un nuovo tomo di puro death metal.
Si può dire che questo album potrebbe essere purtroppo la plumbea colonna sonora del conflitto in corso in terra ucraina, difatti la band albionica tocca tematiche reali nelle loro liriche.
Basta ascoltare l’apertura “
Never forget, never again (6 million dead)” dedicata all’olocausto che ha fatto strage nei campi di concentramento nazisti.
Traccia pregna di pathos, violenta, con chitarre serrate dai riff spessi; la sezione ritmica è martellante con un up tempo marziale, all’interno ci sono rallentamenti doom con parti armonizzate di chitarra a dare un tocco di melodia.
Ma ecco che nel brano “
I am the enemy” spunta fuori una sorpresa, sembra quasi preso di peso dai migliori
Amon Amarth.
Partenza drammatica e doom con chitarre dal timbro drammatico e il vocalist da colore al suo growl; il cambio di passo avviene con un mid tempo quadrato che però nel chorus tira fuori un rif epico con un ritornello azzeccato che fomenta e ho idea che dal vivo farà sfracelli.
Nella successiva “
The conflict is within” si sente un sapore orientaleggiante in questo mid tempo pesante con chitarre serrate e dal sapor di piombo.
La cosa bella è che gli inglesi sanno dare dinamicità a tutto con cambi di tempo o atmosfera.
La titletrack è un assalto veloce in doppia cassa con le chitarre lanciate in successione, però c’è un interessante cambio di marcia lenta ma coinvolgente dove le melodie di chitarra spiccano con un
Willets al microfono semplicemente perfetto che sul finale ripete in maniera feroce il titolo del brano.
Ennesima conferma che i britannici sono tornati carichi dopo lo stop pandemico, un disco che pur non rivoluzionando il genere fa vedere la pasta del quartetto e lancia un guanto di sfida ai più giovani virgulti dell’estremo, la vecchia guardia grida presente!
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