Dopo aver accolto tiepidamente le loro uscite post reunion, L'EP "Fear (2009) ed i due full length "Circle of 8" (2011) e "You Are Next" (2016), mi ero fatto passare sotto il naso questo "
Planet Metalhead", uscito già nel febbraio del 2022 per Pt78 Records, e a riportarlo alla mia attenzione è la
Rock Of Angels Records, che ne cura questa Limited Edition in vinile verde trasparente.
Operazione che mi dà la possibilità di riappacificarmi con la formazione olandese, che di quella originale presenta ancora il cantante
Robert van Haren (che però non cantò né su "For the Universe" e nemmeno su "Darkness at Time's Edge", dove gli era subentrato Gerard Vergouw) e il chitarrista
Rick Bouwman, e che soprattutto ha rivisto la propria proposta, ora più orientata al Metal Classico dei loro esordi. "
Planet Metalhead" è comunque un album che incorpora ampi elementi sia quelli Heavy sia quelli Speed metal, con un'indole però meno frenetica e maggiormente anthemica, per quanto non abbiano certo rinunciato ad un songwriting articolato e cangiante, in grado di passare con scioltezza da momenti calmi e riflessivi a scatti improvvisi.
Il primo indizio lo dà subito "
Raise Your Horns, Unite!", anthemica e che dal vivo darà grandi soddisfazioni ai
Martyr, che poi gigioneggiano molto meno con le successive "
Demon Hammer" e "
Children of the Night" dove veleggiano sulla spinta del miglior US Power, e pure con la battagliera "
Fire of Rebellions" dove, già che ci sono, ci aggiungono un tocco di Megadeth.
A questo punto si ricordano del nostro Giacomo Leopardi, e alla tempesta di metallo colante fanno seguire la quiete di una ballad, quella "
No Time for Goodbyes" ricca di arpeggi e con un cantato melodico e intenso (a metà tra Geoff Tate e David Wayne), ma quando viene poi il momento di "
Metal Overdrive", il cantante cui si rivolge lo sguardo è verso Ronnie James Dio, cui pare ispirarsi anche
Robert van Haren, che così conferma tutta la sua versatilità e capacità vocali.
I toni si fanno incandescenti con "
La Diabla!", una Speed & Thrash song dalla classe cristallina, e decisamente priestiani su "
Diary of a Sinner", con
van Haren che riprende gi acuti di Rob Halford ("
Sinneeeeeeeer...."). per passare a quell'iniziale approccio alla Queensryche su cui si incammina "
Church of Steel" prima di accendersi in un turbinio di metallo alla Vicious Rumors, sferzato dal chitarrismo del veterano
Rick Bouwman e del suo nuovo partner
Geoffrey Maas. Dopo tanto fervore i
Martyr ci spiazzano con un brano acustico, che onestamente mi ha fatto pensare più agli U2 che alla miriade di band che si potrebbero accostare alla formazione di Utrecht, perlomeno sino alla parte corale, e credo proprio che si potesse trovare un modo migliore per chiudere l'album.
Un piccolo passo falso proprio sul finire, ma grazie a "
Planet Metalhead" riscopro una band che mi aveva entusiasmato ai tempi della compilation "Metal Massacre VI" con la loro "En Masse (Stand or Die)", e gli riconosco si essere ancora (finalmente?) all'altezza delle aspettative.
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