Solitamente, quando si sente parlare di gruppi black sperimentali viene spontaneo aggrottare le sopracciglia in segno di disappunto e accennata diffidenza. E’ abitudine comune, infatti, il tentativo di svariati gruppi di seguire (o inseguire) le orme dei maestri del passato, bramando quella stessa gloria e riuscita creatività. Diciamoci la verità (ahimè), la maggior parte delle volte questo tentativo fallisce…. ma non in questo caso. La predisposizione verso gli Ephel Duath all’inizio è stata piuttosto scettica, ma questa sensazione si è stemperata già al primo ascolto. La struttura di ogni singolo brano ha veramente colpito nel segno. Il riferimento a svariati generi è manifesto, ma tutta questa miscela è suggerita dal gusto e dal “buon senso”. E’ presente, addirittura, un lievissimo cenno al gothic/industrial, ma ovviamente il lavoro si colloca in ambiti decisamente più “estremi” e il richiamo alle atmosfere psychodark costituisce solo una minima sfumatura. In un certo senso, il confronto con i Limbonic Art è immediato. Tanti sono gli elementi comuni e brani come “Greynesses Grow Already Old” e “The Blow’s Rhymers” fanno da esempio. In realtà questi brani sono tratti da “Phormula”, il loro album precedente, e sono stati appunto riformulati perché gli Ephel Duath hanno attuato un passaggio di etichetta, saltellando dalla Code 666 degli esordi, alla Candlelight Records. Inoltre, un altro importante cambiamento è stato effettuato. All’inizio, gli Ephel Duath si presentavano come un duo, ma qualche ostacolo ha ridotto questo progetto ad un'unica mente: Davide.
Il concetto basilare è uno: i brani devono cercare di riprodurre il contrastante e a volte contraddittorio assetto della mente umana, dove quasi niente è logico e lineare. Il risultato è un lavoro sì complesso ma di indubbio fascino. La città di Praga fa da sfondo a queste considerazioni. L’ispirazione è nata, infatti, nelle cupe e avvolgenti atmosfere di questa magica località.
Nel corso dell’esistenza gli elementi e le influenze che concorrono alla formazione totale dell’intelletto sono innumerevoli. Stesso discorso vale per la musica degli Ephel Duath e credo che l’intento sia stato raggiunto. E’ il caso di dire che, ancora una volta e alla faccia di chi esalta sempre l’estero e le sue produzioni, il black nostrano si è fatto valere pienamente.
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