Ad inizio giugno dello scorso anno i
Seven Spires hanno preso parte al ProgPower USA XXI dove, nella stessa giornata di Pain Of Salvation e Stratovarius, hanno proposto una selezione delle canzoni che compongono la loro trilogia, una saga iniziata con "Solveig" (2017), proseguita con "Emerald Seas" (2020) e completata da "Gods Of Debauchery (2021)", proprio il lavoro che fa la parte del leone nella setlist dato che, come vedremo, agli altri due album toccano solo le briciole.
Il tutto si avvia con la stessa sequenza di quella della loro ultima uscita, con i
Seven Spires che ripropongono l'intro "
Wanderer's Prayer", l'epica e imponente "
Gods of Debauchery", che mette a dura prova (brillantemente superata) l'ugola di una superba
Adrienne Cowan, che tocca registri e stili ben diversi tra loro ed è nota anche per le sue collaborazioni con Avantasia e Masters of Ceremony, a seguire è quindi il momento di "
Ghost of Yesterday", con le sue orchestrazioni alla Kamelot. "
The Cabaret of Dreams" è il primo tuffo nel passato (l'unico di "Solveig") seguita dalla powereggiante "
Succumb", tratta da quel "Emerald Seas" dal quale recuperano anche "
Bury You", cui segue l'anacronistico assolo di batteria di
Chris Dovas. Per il resto, come già anticipato, largo spazio ai brani di "Gods Of Debauchery", trai quali anche la corale "
This God Is Dead" dove ritroviamo
Roy Khan (Conception ed ex Kamelot...), che già aveva duettato con
Adrienne Cowan nella studio version presente sul disco.
Come già sottolineato ai tempi di "Emerald Seas":
... i Seven Spires mantengono quella struttura cangiante che potremmo incanalare nel filone del Symphonic Power Metal, ma espresso con discreta personalità e a larghe vedute ... ed episodi come la già citata "
[I]Gods of Debauchery[/I]" o la prepotente "
Dare to Live" non possono che confermare la proposta caleidoscopica e versatile di questi musicisti che si sono incontrati al Berklee College of Music di Boston, un background che permette loro di non perdere di vista, anche su di un palco, la propria bravura tecnica, già messa in mostra in studio, bilanciandola con l'impatto e le emozioni tipiche di un contesto live.
"
Live at Progpower USA XXI" non solo ci offre l'occasione di testare il polso in sede live del potenziale degli
Seven Spires, ma è anche un interessante compendio con cui approcciarsi alla formazione americana, per quanto il mio consiglio sia piuttosto quello di partire dai tre full length più volte citati nel corso di questa recensione.
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