Quando uscì il debutto dei
Revolution Saints sarebbe stato veramente irrazionale chiedere di più a un terzetto di veterani dell’
hard melodico, autori di un lavoro meraviglioso, capace di superare gli scetticismi dei tanti
musicofili sospettosi nei confronti del dilagante fenomeno delle
all-star band.
Ora, otto anni dopo, cosa possiamo pretendere da un gruppo che per l’occasione ha modificato i due terzi della formazione, inserendo un paio di altri
supereroi del settore?
Non so cosa ne pensate voi, ma, pur con l’enorme stima che riservo a
Joel Hoekstra (Whitesnake, Trans-Siberian Orchestra, Iconic, Joel Hoekstra's 13) e
Jeff Pilson (Dokken, Foreigner, Black Swan, The End Machine) il dubbio che un cambiamento così importante potesse avere riflessi negativi su “
Eagle flight” mi aveva sfiorato.
Miscredente che non sono altro … l’albo è ancora una volta una bomba sonica di colossale portata emozionale e questo verdetto conduce inevitabilmente alle seguenti considerazioni:
Deen Castronovo è ormai senza possibilità di contestazione uno degli artisti cardine del genere (e chi se lo sarebbe immaginato quando pestava furiosamente i tamburi per i Wild Dogs …) e con il giusto “coordinamento” e un intento comune, i musicisti di enorme talento e intelligenza sembrano non avere difficoltà ad affiatarsi tra di loro, sacrificando l’ego sull’altare superiore del valore espressivo.
Solo così si può spiegare un crogiolo così incisivo e seducente di note, degno dei sontuosi precedenti discografici della
band e anzi forse addirittura appena superiore al già eccellente “
Rise”.
Pilotate dalla sensazionale laringe
Perry-esca di
Castronovo le canzoni del programma sgorgano limpide e cristalline, alimentate da straordinaria classe e spiccata sensibilità esecutiva, dimostrando come si possa essere tutti protagonisti (compreso lo
special guest e produttore dell’opera
Alessandro Del Vecchio) senza per forza affidarsi a prevaricanti istinti individuali.
Insomma, volendo essere più “pragmatici” e concreti, mi sento di affermare che se “
Eagle flight”, “T
alking like strangers” e "
Need each other” non vi toccano nel profondo probabilmente avete perso il gusto per i suoni
adulti “classici”, quelli, per intenderci, che hanno reso Journey, Bad English e Hardline immarcescibili modelli per intere generazioni di
chic-rockers.
Qualora, invece, come mi auguro, siate rimasti estasiati di fronte al suddetto trittico, v’invito a proseguire fiduciosi nell’ascolto, trovando così il
groove e la melodia catalizzante di “
Kids will be kids” e la coinvolgente vena romantica di “
I’ll cry for you tonight”, convincendosi sempre di più, anche grazie a “
Crime of the century”, che i Journey attuali hanno nei
Revolution Saints davvero un temibilissimo concorrente.
L‘effervescente
refrain e i brillanti raccordi chitarristici di
Hoekstra fanno di “
Set yourself free” un altro brano altamente suggestivo, mentre “
Sacred” punta maggiormente sull’impatto melodico e la splendida “
Once more” ritorna a sollecitare prepotentemente la porzione più passionale dei nostri sensi, ormai irrimediabilmente soggiogati.
L’atmosfera vivace e spigliata di “
Save it all” conclude un “volo” sonoro che si ha voglia di ricominciare immediatamente, solcando assieme ai “nuovi”
Revolution Saints le vette incontaminate del
Melodic Rock.