Io ho il cuore nero.
E l'anima anche.
Non mi interessa quello che mi sta attorno fino a quando non desta in me emozione o passione.
Non mi importa assolutamente nulla dei falsi miti odierni e mi disgusta la mercificazione dell'arte così come la vile prostituzione alla sola immagine.
Non credo nell'evoluzione musicale fine a se stessa.
Non credo nei "professori", negli intellettuali ed in chi si erge a giudice.
Il nero in me è inscalfibile, immutabile, fermo, fiero.
Vivo in questa società, ma non l'apprezzo.
Non sono un misantropo, ma gli esseri umani, ed i loro falsi ideali, mi portano a diventarlo rinnegando l'istinto alla socialità.
Non credo ci sia un vero futuro per nessuno di noi.
Non vedo nessuna speranza.
Il nero del mio cuore è sempre più scuro.
Allora guardo indietro, guardo a ciò che era una volta e mi riconcilio, quando possibile, con la vera passione, con il vero spirito artistico e con la sensibilità profonda che solo pochi sanno evocare con la musica.
Non vi dirò niente di
"Nattemørkets Kall" perchè ogni cosa riguardo a questo album è già stata detta, scritta e suonata tanti anni fa.
A ben pensare,
Ildfar non esiste davvero.
Non esiste oggi, ma esisteva ieri.
Ieri, quando il Black Metal era la più alta forma di poetica oscurità che abbia mai avvolto il nostro pianeta e lo era nella sua pura essenza, quella essenza colta da pochi maestri che, nel Nord, ne hanno decantato la rigida e aspra bellezza.
Ildfar è "quel" Black Metal.
Null'altro.
Solo lacrime e vento.
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