Sono ormai quasi quindici anni che il nome dei
Grand Design è sinonimo di un
hard-rock melodico spigliato e ricreativo, in una fusione tra spirito espressivo tipicamente scandinavo e modelli anglosassoni (in particolare uno … i Def Leppard, per i più “distratti”).
Giunti alla sesta prova discografica gli svedesi non sconfessano il loro “credo” stilistico e, sempre pilotati dalla voce squillante di
Pelle Saether (un elemento abbastanza divisivo, pure tra i cultori del genere …), sfornano l’ennesima collezione di brani estremamente piacevoli e appaganti, gravidi di melodie solari, intersecate da sapori malinconicamente romantici, tanto per accentuare l’effetto evocativo dell’intero comparto emotivo.
A voi decidere se considerare in maniera positiva la scelta di confezionare un altro assortimento di canzoni orecchiabili, vaporose e allietanti, lasciando ad altri (non facili da reperire, tra l’altro …) l’onere dell’originalità e della sperimentazione sonora.
Per quanto mi riguarda ritengo “
Rawk” un eccellente modo per alleviare le inevitabili fatiche de vivere quotidiano, affidandosi a veri “professionisti” del settore, capaci di evitare fastidiose stucchevolezze ed eccessive banalità, forti di un
songwriting che nel tempo ha saputo rendersi più “personale”, allentando le pressanti deferenze ispirative degli esordi.
Così, se le pulsazioni un po’ “scontate” di “
Tuff it out” sembrano in realtà smentire la mia ultima affermazione, il
refrain viscoso di “
God bless rawk n roll” avvia l’opera di soggiogamento, proseguita dalla melodia elegiaca di “
Love or a fantasy” (altro ritornello difficile da “scacciare” dalle sinapsi cerebrali) e dalla
verve spensierata di “
Your luv is drivin' me crazy”, poco “caratterizzata” magari, e tuttavia parecchio coinvolgente fin dal primo contatto.
Chi ama le atmosfere rarefatte e crepuscolari troverà motivi di conforto in “
Desperate hearts” e nella vagamente Bad English-
esca “
Dangerous attraction”, mentre “
We were born to rawk n roll” torna ad adescare l’astante attraverso modalità operative maggiormente “sfacciate” e dirette e “
Carry on my wind” (con gli ospiti
Erik Grawsiö dei Månegarm e
Veith Offenbächer dei Dawn of Destiny) tenta la “carta” della suggestione celtica con esiti controversi.
Andiamo meglio con la semi-ballata “
Give it all up for luv” e la grintosa “
Get out”, per poi concludere in “gloria” la scaletta grazie all’appassionante “
In the H.E.A.T. of the nite”, che curiosamente cita nel titolo un’altra eccellenza artistica nordica e alla prova dei fatti si rivela un efficacissimo omaggio ai prioritari
Maestri della
band (i Def Leppard, per chi non l’avesse ancora capito …).
“
Rawk” non traccerà solchi profondi nella
Storia della Musica e ciononostante garantisce un bel po’ di “buone vibrazioni” ai cultori del genere, un motivo sufficiente per confermare i
Grand Design tra i migliori “intrattenitori” del
rockrama contemporaneo.
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