Quarto capitolo discografico sulla lunga distanza per la
band britannica capitanata da
Colin Hendra, e dopo quel piccolo capolavoro denominato “
III: Pentecost” era lecito attendersi un successore degno di cotanto fascino e magari, assecondando l'inestinguibile (e spesso irrazionale) speranza
rockofila, addirittura un ulteriore passo in avanti di un percorso artistico in costante progressione.
Ebbene, diciamolo subito, “
IV: Sacrament” non arriva a tanto e tuttavia conferma appieno quanto di buono espresso finora dai
Wytch Hazel, autentici maestri nel dipingere evocative stesure melodiche, attingendo dagli insegnamenti di Thin Lizzy, Wishbone Ash, Blue Öyster Cult e Jethro Tull.
Un approccio che non si limita, come ben sanno i loro numerosi estimatori, allo scoperto plagio di tali celebrità del settore e che riesce a conferire ai suoi arcani affreschi armonici e ai suoi impasti vocali dalle leggiadre sfumature
Westcoast-iane, un magnetismo davvero intenso, distribuito tra spettri dell’antica Inghilterra, lirismo “positivo”, ceselli di chitarre “gemelle” e suggestive stratificazioni canore.
Lo spirito “vintage” che contraddistingue il gruppo, per molti colleghi al limite del
naif, qui risulta credibile e soprattutto molto godibile e sebbene il tracciato compositivo iniziato con “
Prelude” non subisca alterazioni o aggiuntivi scatti creativi, è francamente impossibile per i cultori del genere non rimanere ammaliati di fronte all’introduttiva “
The fire's control” una sorta di
fil rouge che ricollega l’albo al suo illustre predecessore.
L’avvolgente e pulsante “
Angel of light” è un altro momento molto significativo della raccolta, al pari dei saliscendi di “
Time and doubt” (con qualcosa degli UFO nell’impasto sonico), dell’ardore epico di "
Deliver us”, del
folk malinconico di “
Future is gold” e della conclusiva “
Digging deeper”, capace di combinare interessanti digressioni strumentali all’interno di una struttura melodica di notevole impatto.
Canzoni, quelle appena citate, che spiccano da una scaletta comunque priva di vere controindicazioni e che confermano i
Wytch Hazel tra i migliori araldi di una tradizione musicale intrisa di cultura e leggenda, pregna di valori indelebili atti a propiziare il trionfo della luce sulle tenebre … anche senza “sorprese” di sorta, tutta “roba” che merita di essere sostenuta e difesa.
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