Quella di
Bloodsheed Walhalla è una storia quasi commovente: band nata a Matera, inizialmente era un tributo al mai troppo lodato
Quorthon, ma poco dopo è stato un attimo iniziare a comporre musica propria, seppur sotto la guida sicura di
Bathory.
E dalla one man band di “
The Legends of a Viking” ne è passata di acqua sotto i ponti, inclusi problemi con I vari musicisti collaborator con tanto di stop e ripresa dell’attività live.
A due anni da “
Second Chapter” che proseguiva sul sentiero tracciato dall’ottimo “
Ragnarok”, ecco arrivare tra noi “
Glory To The Sacred Land”.
Cosa aspettarsi in quest’ora abbondante di musica suddivisa in sei canzoni?
Nel bene e nel male il solito Viking Metal bathoriano tanto caro al nostro
Drakhen: c’è parecchio spazio per il Folk, per l’epicità e le atmosfere pagane, ma rispetto al passato la matrice Black Metal è meno timida e udibile, oltre ad esserci un paio di canzoni cantante nel nostro italico idioma.
Album che negli episodi più classici (come la lunga “
A Star For My Victory”) vede una confort zone che comincia a farsi limitante e prevedibile, mentre quando si osa con accelerazioni Black Metal o con l’uso dell’italiano come lingua cantata,
Bloodsheed Walhalla sa dare grandi soddisfazioni, con atmosfere epiche e ancestrali che vengono sapientemente riattualizzate.
Non tutto è a fuoco, si potrebbe storcere il naso verso i suoni (che presentano una batteria plasticosa), oltre ai vari alti e bassi nella scaletta, ma chiudendo gli occhi durante gli episodi più riusciti (le fanfare “
Il Lago” o “
Non Sei Tu”) si può sentire una grande forza evocativa in queste note.
Album di passaggio per un futuro che è ancora ignoto.
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