Halls of Oblivion - Eighteen Hundred And Froze To Death

Copertina 8,5

Info

Genere:Death Metal
Anno di uscita:2023
Durata:64 min.
Etichetta:Apostasy Records

Tracklist

  1. 8°14'43''S 117°59'34''E
  2. DUSK
  3. BURIED BY THE BLACKEST SAND
  4. THE SUMMER THAT NEVER WAS
  5. RED SNOW
  6. ETERNAL FROST
  7. IN THE ABSENCE OF LIGHT
  8. INUNDATION
  9. DAWN

Line up

  • Sebastian Ruf : vocals, guitars
  • Marcel Welte: guitars
  • Markus Kristen: bass
  • Max Beck: drums

Voto medio utenti

Sono sempre felice di inaugurare la carriera di una band sul nostro glorioso portale e di seguirne discretamente da lontano l'evoluzione artistica, specialmente (ed immodestamente, lo ammetto) se ne ho intuito le potenzialità e la bravura.
Non fanno eccezione i tedeschi Halls of Oblivion, di cui vi avevo parlato ormai quattro anni fa in occasione del debut "Endtime Poetry" (QUI se vi va di ripescarlo).
Immaginatevi la mia gioia se il secondo disco non solo ne conferma il valore ma supera di gran lunga le più rosee aspettative.
Perchè è questo che fa "Eighteen Hundred And Froze To Death" (Apostasy Records): prende le speranze che avevo e le trasforma nella granitica certezza di essere al cospetto di un gruppo fenomenale.

Nell’aprile del 1815 sull’isola di Sumbawa, in Indonesia, il vulcano Tambora, ebbe una violentissima eruzione. Secondo i vulcanologi si trattò di una delle eruzioni più potenti dalla fine dell’ultima Era Glaciale, oltre 20 mila anni fa. Più di 100 chilometri cubi di cenere, polveri e roccia, insieme a 400 milioni di tonnellate di gas, furono sprigionati dall’esplosione andando a formare in atmosfera una colonna di 44 km di altezza.
Una parte di questi detriti, ricadendo al suolo, ricoprì di una coltre di 2 km di spessore i villaggi circostanti e diede addirittura vita a dei veri e propri isolotti di pomice galleggiante sulla superficie del mare. Una parte delle polveri più fini, tuttavia, restando intrappolata negli alti livelli dell’atmosfera, per qualche anno operò come un filtro, riducendo la quantità di luce solare che abitualmente raggiunge la superficie terrestre e provocando così il raffreddamento di quest’ultima.

Fu nel 1816 che si manifestarono i maggiori effetti sul clima: in piena estate, abbondanti nevicate caddero sul Canada, molti laghi e fiumi del nord-est dell’America ghiacciarono e anche gran parte dell’Europa dovette far fronte a temperature molto inferiori alla norma.
L'anno senza estate, conosciuto anche come l'anno della povertà ovvero "Eighteen hundred and froze to death" (1800 e si moriva di freddo nei paesi di lingua inglese).

Questo periodo buio, affrontato raramente e ancor meno ricordato, è il concept che Marcel Welte, Sebastian Ruf, Markus Kristen e Max Beck sviluppano attraverso 9 canzoni emotivamente coinvolgenti che ripercorrono in ordine cronologico quei drammatici momenti forieri di morte e desolazione su scala mondiale.
L'opener "8°14'43''S 117°59'34''E" (collocazione geografica del monte Tambora) dà il via all'uragano - naturale e musicale - che i 64 minuti del disco sprigionano: sfuriate di puro blackened death melodico intervallate da passaggi di violino, flauto, chitarre acustiche.
I brani sono così stratificati e densi di variazioni che troviamo aperture di pianoforte e clean vocals lasciare repentinamente il campo a rabbiose accelerazioni e cieca furia.
Basta prendere ad esempio "Buried by the Blackest Sand" per capire quanta carica emotiva, capacità creativa e ampiezza di soluzioni abbiano gli Halls of Oblivion per scuotere in profondità, far urlare contro il fato, tagliare l'anima in pezzi e desiderare di dissolversi nel vuoto.

L'epica chiusura dell'album, affidata ai 12 minuti di "Dawn", offre sorprendentemente speranza: la morte - anche nelle più immani catastrofi - reca in sè i semi della vita, un ciclo deve terminare perchè uno nuovo possa iniziare.
Alfa e Omega - presenti nelle illustrazioni dell'album - sono intimamente legate e l'una non esisterebbe senza l'altra.
"Eighteen Hundred And Froze To Death" vi farà esplorare ciò che di meglio death melodico, black atmosferico e doom oggi possano offrire, ma soprattutto vi ricorderà una volta di più perchè la Musica è davvero il leggero tocco del respiro divino.
Meraviglioso!

Halls of Oblivion - "Eighteen Hundred And Froze To Death"



Recensione a cura di Alessandro Zaina

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