Vorrei giustificarmi dicendo che ho impiegato così tanto tempo per scrivere del nuovo disco della
Michael Thompson Band perché per comprenderlo “fino in fondo” e apprezzarne ogni sfumatura espressiva è necessaria un’applicazione prolungata e concentrata, ma sarebbe una (innocente) bugia.
O, per meglio dire, una “mezza verità”, perché effettivamente l’ascolto reiterato di “
The love goes on” (tra l’altro abbastanza “scontato” dopo il primo contatto ...) è utile a confermare la bellezza e la raffinatezza di un albo davvero incantevole.
E allora ammettiamo la “colpa” (ero semplicemente convinto di averlo già recensito … brutta cosa la “vecchiaia” …) e impegniamoci brevemente in una disamina assolutamente “necessaria”, vista la qualità dell’opera.
Nulla di particolarmente “sorprendente”, in realtà, dal momento che dall’ineguagliabile (per molte ragioni) capolavoro “
How long”,
Michael Thompson e i suoi
pards hanno saputo sfornare manufatti musicali di notevole livello e grande eleganza.
Eppure, “
The love goes on” ha “qualcosa” in più dei suoi recenti predecessori e il ritorno in formazione del
vocalist originale
Richard ‘Moon’ Calhoun, pur da accogliere con entusiasmo, è verosimilmente solo uno degli elementi deputati a illustrare tale
addendum artistico.
La squisita ricercatezza del
songwriting, la sensibilità estrema delle esecuzioni e, soprattutto, un perentorio e spontaneo sgorgare del
pathos sono da additare come gli altri “responsabili” del suddetto felice incremento, e ogni brano della raccolta può in pratica essere utilizzato per spiegare ad un “alieno” come dovrebbe suonare nel 2023 un disco di sofisticato
AOR con le lettere veramente maiuscole, vellutato, ammaliante, al tempo stesso “rassicurante”, rasserenante e fresco.
Una “roba” apprezzabile da ogni generazione di
chic-rocker, insomma, impreziosito da calorose sfumature
R n’ B e da quelle piccole suggestioni d’estrazione
prog che avvolgono l’astante in un bozzolo emotivo così difficile da abbandonare.
Trattare i brani singolarmente diventa un “esercizio di stile” a cui per una volta mi sottraggo (non senza difficoltà …), limitandomi a segnalare la
title-track, “
War of the hearts”, “
In your arms”, “
Just what it takes” (qualcosa tra Tyketto e
John Waite), “
Higher” e “
What keeps you alive” come i titoli “guida” di un bellissimo
album, perfetto per chi venera i suoni
adulti del
rock contemporaneo.
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?